Gli aggiustamenti al sistema contributivo capaci di promettere ai giovani con carriere da precari assegni adeguati, magari a un’età minore di 73 anni, terranno sicuramente banco nella campagna elettorale di primavera. E nei programmi delle forze politiche non mancherà probabilmente anche l’impegno sul riscatto della laurea gratuito o con lo sconto, se il tema continuerà a impazzare sui social network. Ma le probabilità che le due questioni possano essere affrontate nell’ultima manovra della XVII legislatura sembrano invece al ribasso. Servirebbero risorse che non ci sono. E quel poco che c’è per dare un tono espansivo alla legge di Bilancio 2018 andrà tutto o quasi al taglio del cuneo fiscale sulle assunzioni a tempo indeterminato dei giovani, come ha detto il ministro Pier Carlo Padoan nell’intervista pubblicata giovedì sul nostro giornale. Decontribuzione che aiuterebbe ingressi stabili fin da subito nel mondo del lavoro, allontanando il rischio di mancati versamenti nei primissimi anni d’impiego.
Sulle ipotesi di allargamento della spesa pensionistica o assistenziale la chiusura del ministero dell’Economia è di prammatica. E nella prossima sessione di bilancio ci sarà una ragione in più per la linea della fermezza, visto che viaggiamo verso la fine del Qe della Bce e la successiva “normalizzazione” della politica monetaria, con tutte le incognite del caso sui tassi e gli interessi sul debito pubblico. Una posizione di chiusura che si vedrà in autunno anche sul tema divenuto esplosivo dell’adeguamento automatico dei requisiti di pensionamento del 2019 alle stime Istat sulla speranza di vita a 65 anni.
Riscatto laurea
Va detto innanzitutto che il riscatto gratis della laurea, o in forme ancor più scontate di quella vigente, non rientra nell’agenda del confronto governo-sindacati. Né è al vaglio del team economico di palazzo Chigi. Stime di costo sulle ipotesi finora abbozzate non sono state fatte per uno strumento che, nella versione lanciata nel 2008, è stato utilizzato ben poco. In sei anni, tra il 2009 e il 2015, l’Inps ha accolto 74.193 domande delle 164mila presentate. E solo la metà venivano dai lavoratori con meno di 35 anni. Come ha osservato nei giorni scorsi il presidente dell’Inps, Tito Boeri, il riscatto gratuito, ovvero pagato dalla fiscalità generale, sarebbe in linea di principio anche condivisibile, perché riguarda le nuove generazioni. Ma meglio sarebbe utilizzare tutte le risorse disponibili per misure di decontribuzione. Anche perché con un premio ai Millennials si rischia di generare una disparità di trattamento per chi è nato, per esempio, negli anni Settanta.
Pensione di garanzia
Il tema apre la cosiddetta “fase 2” del verbale d’intesa Governo-sindacati del settembre 2016. Della possibilità di introdurre una pensione contributiva di garanzia, legata agli anni di versamenti effettuati e all’età di uscita per garantire l’adeguatezza delle pensioni medio-basse si è già discusso. Ma le opzioni concrete non sono ancora arrivate.
Chi ha iniziato a lavorare con il sistema contributivo pieno oggi non può cumulare la sua bassa pensione con un assegno sociale. E una delle opzioni potrebbe puntare proprio a superare questo limite cancellando, contemporaneamente, il vincolo dell’assegno Inps da 1,5 volte il minimo per un’uscita più flessibile. Si eviterebbe il rischio del posticipo a 73 anni e più per i nati dal 1980 in avanti. Ma l’intervento è oneroso: innescherebbe spesa assistenziale e non previdenziale. Ma pur sempre di nuova spesa corrente si tratta. E anche se si determinerà in anni lontani va inserita subito nei nuovi tendenziali.
Previdenza complementare
Oltre al taglio del cuneo contributivo che, come detto, pure ha una valenza previdenziale per i giovani se produce davvero più contratti stabili riducendo i rischi di vuoti contributivi a inizio carriera, resta in campo la possibilità di interventi sulla previdenza complementare per rilanciare le adesioni. Su questo fronte il varo della legge concorrenza, con le misure di flessibilità in entrata (si ammette la possibilità di utilizzare anche solo parte del Tfr per i versamenti sui fondi pensione) e in uscita (si potranno incassare in anticipo le prestazioni in caso di disoccupazione lunga) fa crescere le chance di misure a basso costo. Per Rita, la rendita integrativa temporanea, si punta per esempio a una riduzione dei requisiti di accesso, con lo sgancio dai parametri Ape (20 anni di contributi e non più di 43 mesi al traguardo della pensione di vecchiaia). È una misura che potrà entrare nel mini-pacchetto della prossima legge di bilancio insieme con una manutenzione dell’Ape sociale e altri interventi al margine. Per la riforma complessiva del sistema a misura di giovani, invece, bisognerà aspettare la nuova legislatura.
Il Sole 24 Ore – 7 agosto 2017