A Roma, il Parlamento sta discutendo di esentare i lavoratori dall’obbligo di presentare il certificato medico fino a tre giorni di malattia e assenza dall’ufficio o dall’azienda. I medici non solo sposano questa proposta ma è proprio il loro Ordine professionale a spingere perché si introduca questo cambiamento, già previsto in alcuni contratti pubblici e privati. Venezia però è in controtendenza, fino a un anno fa era in vigore questo sistema, ma la giunta fucsia del sindaco Luigi Brugnaro lo ha cancellato imponendo il certificato del medico di famiglia anche per una visita specialistica. Ora dovranno esprimersi i giudici del lavoro: la Cgil, non riuscendo a convincere l’amministrazione, ha deciso di ricorrere al tribunale perché sbrogli la matassa e chiarisca chi ha ragione, se la giunta o i lavoratori.
Si tratta di una materia complessa e che coinvolge appunto governo e medici. Ironia della sorte, è proprio un professionista veneziano, il dottor Maurizio Scassola, presidente nazionale dell’Ordine dei medici, a sostenere la battaglia dei tre giorni in Parlamento. «È un’assunzione di responsabilità del lavoratore – dice – per patologie non gravi i certificati sono quasi sempre rilasciati telefonicamente, so di dire una cosa che non va, ma è la vita, ci si fida di un sintomo occasionale del paziente». Sollevare i medici di base dalla responsabilità penale della certificazione fino a tre giorni non sarebbe una richiesta pilatesca. «Tutt’altro è un segnale di democrazia, esistono abusi ma non sono questi e comunque ci sono i mezzi per accertare tutto – continua Scassola – Chi si autogiustifica si assume la responsabilità di ciò che fa».
I lavoratori del Comune la pensano esattamente come il presidente dell’Ordine dei medici e, a un anno di distanza dall’introduzione del certificato medico per visite e malattie anche di breve durata, hanno deciso di tentare una causa pilota, sostenuta dal sindacato Cgil di fronte al giudice del lavoro. «Vogliamo ripristinare diritti garantiti da norme di legge e contrattuali e che invece Brugnaro pensa di poter cancellare come se nulla fosse – dice Daniele Giordano, segretario generale Cgil funzione pubblica – Siamo stati costretti a presentare ricorso perché l’amministrazione ha continuato pervicacemente a non volersi confrontare sul problema, nemmeno di fronte alla diffida di un avvocato». In particolare, i sindacalisti chiedono che siano escluse quantomeno le terapie, le visite specialistiche e gli esami diagnostici.
Da quando è in vigore l’obbligo, in realtà, a Ca’ Farsetti le assenze per malattia e permessi non sono diminuite. Anzi, in alcuni casi sono addirittura aumentate rispetto al passato. Nel 2013, i vigili che sono stati a casa dal lavoro sono stati il 5 per cento del totale, nel 2016 la percentuale è salita al 9. Al Patrimonio, quattro anni fa, non c’è stata alcuna assenza, l’anno scorso, di contro, è mancato il 5 per cento del personale.
Nell’attesa della pronuncia del tribunale, due giorni fa, il Comune ha vinto contro il ricorso di una trentina di maestre, precarie, di nidi e materne che chiedevano di essere assunte a tempo indeterminato dopo contratti che hanno superato il limite dei 36 mesi per le assunzioni a tempo.
G.B. – Il Corriere del Veneto – 13 luglio 2017