Nessuna trivellazione al largo della laguna veneta ma nemmeno test e indagini sperimentali. Ieri, la Corte costituzionale ha dato ragione alla Regione che da sempre si oppone agli scavi alla ricerca di idrocarburi. «Sussistono oggettivi pericoli di subsidenza delle coste», stabilisce la sentenza di ieri. Il governo, dopo il referendum dell’aprile 2016 contro le trivellazioni vinto dal sì (ossia dalla richiesta di stop ai giacimenti in attività al termine delle concessioni) con quasi l’86 per cento di preferenze, ha mitigato le norme e dunque in laguna continuava ad essere possibile trivellare.
Palazzo Balbi, al di là dell’esito referendario, aveva deciso di ricorrere alla Corte costituzionale per mettere, una volta per tutte, la parola fine alle trivelle in Veneto. A fianco della giunta regionale, i sindaci e i cittadini dei Comuni del litorale, a partire da Chioggia e Jesolo. Ora i giudici hanno definito «irragionevoli» le norme del governo che permettono di riattivare le attività petrolifere nello specchio d’acqua di fronte Venezia in via sperimentale.
«È un successo straordinario – dice il presidente Luca Zaia -, il nostro ricorso è arrivato dove non era riuscito alcun referendum contro l’espansione delle attività estrattive: siamo riusciti a difendere le nostre coste e la città di Venezia dal rischio di inabissamento». Per Zaia, ma anche per la Corte, gli interessi di città e laguna non sono «meno meritevoli» di quelli economici. I giudici, ieri, hanno dichiarato illegittimo l’articolo 38 della legge 133 che appunto concede, per un massimo di cinque anni, la possibilità di cercare idrocarburi e sperimentarne la cosiddetta coltura. Il ricorso, seguito dall’avvocato Ezio Zanon e dal professore Luca Antonini, ha ricordato come in passato le estrazioni abbiamo provocato subsidenza.
Severi i giudici, che hanno sposato le motivazioni del Veneto. Le trivellazioni sono dunque «censurate» fino a quando non sia definitivamente accertata la «non sussistenza di rischi apprezzabili di subsidenza sulle coste». Le norme nazionali imporrebbero lo stop alle sperimentazioni solo a pericolo accertato ma la Corte costituzionale ritiene che sia appunto «irragionevole». «Sacrifica agli interessi energetici e fiscali – si legge – la salvaguardia dell’ambiente, ossia il bene che l’impianto normativo intenderebbe proteggere. Di qui la palese irragionevolezza della disposizione e la fondatezza della questione proposta». (g.b. )
Il Corriere del Veneto – 13 luglio 2017