Veneziani e mestrini voteranno per dirsi addio e lo faranno, con ogni probabilità, nello stesso giorno in cui i veneti voteranno per allontanarsi un po’ di più da Roma, il 22 ottobre. Con 33 «sì», un solo «no» e il Partito Democratico fuori dall’aula insieme a Mdp, il consiglio regionale ha infatti approvato ieri l’ultimo passaggio ultra tecnico, buro-demografico, necessario per allestire il quinto referendum per la divisione della «capitale del Veneto» (i quattro tentativi precedenti sono andati a vuoto: tre vittorie del No, un quorum mancato). Nello specifico, si tratta dell’atto che individua la popolazione che sarà chiamata alle urne: come proposto dalla giunta dopo accurate indicazioni degli uffici, a votare saranno soltanto gli abitanti del Comune di Venezia (261 mila persone) e non tutti quelli della fu Provincia, ora Città metropolitana (846 mila persone).
A questo punto, licenziata la delibera tecnica e già manifestato col giudizio di meritevolezza del 14 febbraio scorso il pieno appoggio politico all’iniziativa, per dar corpo al sogno dei separatisti manca solo un ultimo step, scontato: il decreto di indizione del referendum firmato dal presidente della Regione Luca Zaia. In quale data? Il capogruppo della Lega Nicola Finco ieri in aula è stato esplicito: «Siamo favorevoli all’accorpamento con il referendum per l’autonomia, in un election day il 22 ottobre. In questo modo possiamo risparmiare 900 mila euro». Sottinteso: e metterci al riparo da eventuali reprimende della Corte dei conti. A proposito di election day: giusto ieri, a Belluno, si è tenuta una riunione congiunta della Conferenza enti locali e della Commissione statuto della Provincia, che com’è noto ha a sua volta annunciato un referendum per vedersi riconosciuta dalla Regione più autonomia. Anche in questo caso si sta lavorando all’accorpamento il 22 ottobre (una giornata di vero e proprio «ingorgo elettorale») che pure comporterebbe per la Provincia Dolomitica una spesa di 300 mila euro in rimborsi ai Comuni. Non un’uscita di poco conto, di questi tempi, sicché la decisione finale verrà rimessa all’assemblea dei sindaci in agenda per martedì.
Tornando al referendum per la separazione tra Venezia e Mestre, com’era prevedibile molte sono state le polemiche ieri in consiglio, corollario della battaglia giudiziaria avviata dal sindaco di Venezia Luigi Brugnaro che ha già impugnato al Tar il giudizio di meritevolezza ed ha annunciato di voler fare altrettanto anche con la delibera di ieri. Con Brugnaro (sindaco di centrodestra anche se lui si dichiara «oltre la destra e la sinistra») si sono schierati Pd e Mdp, che come il primo cittadino contestano la legittimità dell’iter regionale basato sulla legge 25 e sull’articolo 133 della Costituzione, in conflitto con la legge Delrio – norma di rango costituzionale – che ha incluso Venezia tra le Città metropolitane fissando un percorso per la separazione assai diverso da quello previsto per gli altri Comuni.
«Non tener conto del ricorso del Comune né dei pareri della presidenza del Consiglio dei ministri e del nostro Ufficio legislativo, oltre a illudere i cittadini rischia di avere ripercussioni economiche e configurare il danno erariale» avvertono i dem Francesca Zottis, Bruno Pigozzo e Stefano Fracasso. «Non comprendiamo il motivo di questa ostinazione, perché la Regione non voglia almeno attendere l’esito del ricorso». I dem , e con loro Marino Zorzato di Area Popolare, l’hanno in realtà capito benissimo: «Qui si vuole mettere l’istituzione regionale nel mezzo di una bega tutta politica tra la Lega e Brugnaro – ha detto Zorzato rivolgendosi ai dirimpettai della maggioranza – siccome non avete i numeri per sfiduciarlo in consiglio comunale, venite a regolare qui la vostra faida». È chiaro, infatti, che in caso di vittoria del Sì Brugnaro dovrebbe abbandonare Ca’ Farsetti, per una questione politica (il referendum è stato molto personalizzato) ma soprattutto tecnica: l’indomani lui sarebbe il sindaco di Venezia oppure di Mestre? Aspetto delicato, se si considera che Venezia è anche Città metropolitana, non a caso sottolineato con forza da Piero Ruzzante di Mdp. Il Carroccio, va da sé, con Alberto Semenzato e Gabriele Michieletto ha smentito qualunque intenzione che non sia quella di dare a mestrini e veneziani l’occasione di esprimersi, «dando seguito ad una proposta che giace qui dalla scorsa legislatura, quando non c’eravamo né noi, né Brugnaro». Con la Lega si è schierato il Movimento Cinque Stelle («È una questione di democrazia») e sentitamente ringraziano i promotori del referendum: «E’ solo l’inizio di una grande avventura che ridarà a Mestre e Venezia la dignità perduta». E già si indica il prossimo obiettivo, «lo statuto speciale per Venezia».
Venezia libera, in Veneto libero, insomma. «E liberi pure noi» si buttano nella mischia i bellunesi. Avanti il prossimo.
Marco Bonet Andrea Zucco – Il Corriere del Veneto – 12 luglio 2017