È una fotografia che ci riporta indietro ai tempi dei nostri nonni, dei film di Pietro Germi, di una rotonda sul mare. Sembra un dagherrotipo quello che l’Istat ha scattato alle casalinghe italiane, ancora oggi veri e propri angeli del focolare domestico che hanno attraversato indenni decenni e decenni della nostra storia.
Eccolo, lo scatto. Nel 2017 succede ancora che tre casalinghe su quattro abbiano come titolo di studio al più la licenza di scuola media inferiore. Ma ancora meglio: nell’era dell’iperconnessione oltre otto casalinghe su dieci (l’82%) non si collegano al web, quando addirittura non sanno nemmeno che cosa sia la Rete e soprattutto non sanno proprio cosa farsene di un computer che in casa potrebbe portare tante meraviglie.
È diminuito in Italia il numero delle casalinghe, in dieci anni sono diventate 518 mila di meno, sono cioè 7 milioni 338 mila. «Ovvero il 7% in meno», precisa Giorgio Alleva, presidente dell’Istat, prima di analizzare in controluce questa cifra che ancora una volta ci fa diventare fanalino di coda dell’Europa.
Dice Alleva: «Il 7% in dieci anni non è certo molto. Il trend di diminuzione della figura della casalinga ha decisamente ritmi lenti qui in Italia. Ci sono meno casalinghe perché, in Italia, negli ultimi dieci anni è aumentato il tasso di attività femminile. Siamo passati dal 50,8 al 55,2% (contro una media europea del 67,4) e questo giustifica quasi tutta la cifra scomparsa delle casalinghe negli ultimi dieci anni. Un altro punto sono i decessi: alle casalinghe anziane non si sostituiscono lo stesso numero di casalinghe giovani».
C’è un terzo punto che è forse quello che fa meno tornare i conti con i tempi che non dovrebbero assomigliare a quelli dei nostri nonni. «La simmetria nei carichi di lavoro che fa sì che non ci sia più bisogno di una persona che in casa si dedichi solamente a questo», spiega ancora il presidente dell’Istat. Tuttavia, a fare i conti, si può notare che questa spartizione dei carichi di lavoro domestico fra uomo e donna in tema di parità di passi ne deve ancora fare, e anche parecchi.
È vero che l’età media delle casalinghe oggi è di 60 anni e che quelle con più di 65 anni sono il 40,9 % (ovvero oltre 3 milioni). Ma c’è anche una buona fetta di casalinghe che non supera i 34 anni e sono quasi una su dieci (8,5% per amore di precisione). Non a caso anche questo scatto dell’Istat ci mostra un’Italia che viaggia a due velocità: il 63,8% delle casalinghe vive prevalentemente al Centro sud. E, ovviamente al contrario, il 76,8% delle donne occupate vive al Centro nord.
C’è un dato molto triste fra quelli dell’Istat: oltre 700 mila casalinghe vivono in uno stato di povertà assoluta, ovvero il 9,3% del totale. «Le casalinghe sono un segmento particolarmente fragile della nostra società», dice il presidente Giorgio Alleva, constatando come, a fronte di questa povertà, le donne che lavorano in casa lavorano addirittura di più degli occupati.
Per capire: l’Istat ha calcolato che le casalinghe lavorano — in media — 49 ore alla settimana per un totale di 2 mila 539 ore all’anno, mentre poco più della metà di loro non ha mai lavorato fuori casa. Ma se il 10,8% (ovvero 600 mila donne tra i 15 e i 64 anni) è scoraggiato perché ha cercato lavoro senza trovarlo, ancora una volta è il comportamento delle più giovani che ci riporta indietro ai tempi dei nonni: a indagare il motivo principale per cui le giovani tra i 15 e i 23 anni non cercano lavoro, si scopre che è di natura familiare nel 73% dei casi perché — risposta testuale delle giovani casalinghe — «il carico di lavoro domestico è elevato».
Difficilmente una casalinga potrà trovare lavoro fuori, visto che soltanto l’8,8% ha frequentato corsi di formazione che potrebbero elevare i titoli di studio. Una quota che sale di poco tra le giovani fra i 18 e i 34 anni (12,9%).
Eppure, secondo l’Istat, il grado di soddisfazione della vita delle casalinghe non è niente male: più di un terzo di loro dichiara — addirittura — un valore alto di soddisfazione della propria vita. Non solo: poco meno di una casalinga su due riferisce di stare «bene» o «molto bene» in condizioni di salute.
Alessandra Arachi – Il Corriere della Sera – 11 luglio 2017