di Elena Tebano. Nel centro storico di Venezia sono sempre meno i negozi a uso dei residenti: solo 437 sui 2.968 ancora in funzione. Molti di più sono quelli che servono i turisti, 1.278 , a cui se ne aggiungono 956 che hanno un’utenza mista, come rileva una ricerca del Laboratorio di analisi urbana e territoriale dell’Istituto Universitario di Architettura di Venezia. D’altronde se ne sono andati anche i residenti: nei sei sestieri della città nel 1961 abitavano 137.150 persone, a dicembre scorso solo 54.705 . I turisti, si stima, nei giorni di punta arrivano invece a essere tre-quattro volte tanti. Giocoforza che cambino anche i negozi della zona.
«Abbiamo visto che gli esercizi commerciali cambiano velocemente destinazione — spiega Laura Fregolent, professoressa dell’Iuav che ha diretto lo studio — e quindi succede spesso per esempio che un panificio tradizionale chiuda e riapra come posto di ristorazione veloce» (i forni infatti sono rimasti in tutto 31 , dopo che tra il 2011 e il 2015 dieci hanno chiuso). È una tendenza comune ad altre città turistiche: «A Venezia però è accelerata — spiega il presidente di Confcommercio Veneto Massimo Zanon —. Gli affitti commerciali ormai non sono più compatibili con quelli del negozietto sotto casa». A Campo San Bartolomeo si spendono 5.100 euro al metro quadro all’anno, secondo quanto ha rilevato la Federazione Moda Italia di Confcommercio. Ma c’è anche chi, come la soprintendente Renata Codello, fa notare che prima era peggio: «Quindici anni fa non si trovava un supermercato, adesso sì». Dalla ricerca Iuav emerge che i piccoli supermercati in città sono 29 .
Sono le tensioni entro cui si muove questa città unica al mondo — anche se ne esistono almeno 100 repliche, di cui 32 negli Usa (lo calcolano Barbara Colli e Giuseppe Saccà in Conosci Venezia? , uscito l’anno scorso per le edizioni Clichy). Apparentemente immutabile da secoli eppure in costante evoluzione: fosse solo che vive del rapporto con il mare che la circonda. «Ogni giorno 400 dei 600 milioni di metri cubi d’acqua contenuti nella Laguna — ricorda Giuseppe Saccà — vengono scambiati con il Mare Adriatico». Di acqua è fatto anche il 61,97% del «territorio» comunale, mentre la città si estende su 124 isole e conta 438 ponti, di cui 90 privati («che diventano 455 — puntualizza sempre Saccà — se si includono i nove di Murano e gli otto di Burano»). I turisti si concentrano soprattutto nella sua unica piazza (San Marco, gli altri sono campi o campielli) o ammirano i 180 palazzi o edifici monumentali del Canal Grande, il più recente dei quali, un ampliamento di un monastero cinquecentesco, è stato ultimato due anni fa. Spesso si concedono un giro sulle sue 433 gondole da nolo, spinte da 600 gondolieri che si alternano al remo. Più di rado si spingono fino alla Calle Varisco, nel sestiere Nord di Cannaregio, che con i suoi 53 centimetri è la più stretta di Venezia. Ma con la loro pressione enorme cambiano continuamente il tessuto della città.
Oggi le case svuotate di residenti diventano sempre più spesso strutture ricettive: sono 7.150 in città solo quelle prenotabili su Airbnb. In totale fanno 27.648 posti letto, affittati in media a 190,5 euro al giorno per gli appartamenti, 90 euro per le stanze private, 47 per quelle condivise, secondo i calcoli del professore dell’Università Ca’ Foscari di Venezia Jan Van Der Borg. Lo stesso che ha cercato di valutare, per conto del Comune, quanti sono davvero i turisti che visitano la città. Gli ultimi dati ufficiali (relativi al 2015), contano 4.495.857 arrivi all’anno e 10.182.829 presenze, di cui rispettivamente 2.776.668 e 6.814.317 nella città storica. Solo i crocieristi sono stati 1.582.481 . Ma sono dati che rilevano solo chi ha passato almeno una notte nel Comune. Van Der Borg stima che con quelli mordi e fuggi si arrivi a 28 milioni l’anno, mentre la città può sostenerne solo 14 milioni .
«Gestire bene il turismo è essenziale per la sopravvivenza della città — dice Van Der Borg —. Non con il numero chiuso, sbagliato e irrealistico. Ma con un sistema di incentivi che distribuisca i flussi di visitatori e li renda compatibili con le esigenze della collettività». Con l’aumento del turismo globale è una questione decisiva: «Non si può pensare di moltiplicare all’infinito i numeri — concorda Marco Michielli, presidente di Confturismo Veneto —. La prima cosa da fare è capire precisamente qual è il carico di persone che la città può sopportare, quanta gente entra e come. Poi dobbiamo metterci a tavolino e trovare un modo per contingentarla. E per far rientrare i veneziani, con le loro attività, a Venezia: la città dovrebbe avere almeno 80 mila abitanti».
Il Corriere della Sera – 11 luglio 2017