Via delle Regioni, quasi all’unanimità (è contrario solo il Veneto) al decreto sulle vaccinazione. Con alcune considerazioni e richieste di emendamento però che ha messo a punto la Commissione salute e che oggi verranno formalizzate dai governatori per approdare poi in Conferenza Unificata.
Gli assessori sono d’accordo su sette punti:
1. realizzare in tempi brevi l’Anagrafe vaccinale informatizzata nazionale, quale strumento fondamentale per il governo e monitoraggio dei programmi vaccinali ;
2. prevedere un maggiore e più attento utilizzo del sistema di farmacovigilanza rispetto alle attività vaccinali
3. uniformare entità e modalità di applicazione delle sanzioni, valutandone la riduzione;
4. prevedere l’obbligo di vaccinazione anche per gli operatori sanitari coinvolti nei processi assistenziali ai minori;
5. prevedere strumenti contrattuali e giuridici che consentano di agire in modo efficace e concreto nei confronti dei sanitari che, opponendosi alle vaccinazioni, ostacolino le campagne vaccinali previste dalla normativa;
6. prevedere una nota congiunta ministero dell’Istruzione e ministero della Salute, concordata nei contenuti con le Regioni, che riporti specifici indirizzi volti a facilitare l’attuazione delle norme e a semplificare le procedure per gli aventi diritto e per le istituzioni coinvolte;
7. verificare con il Garante della Privacy la percorribilità della trasmissione dei dati e delle informazioni previste dalle procedure attuative.
Il Veneto invece è contrario nella scelta dello strumento normativo utilizzato: un decreto legge e non una legge ordinaria; nel merito non ritiene ci sia alcune emergenza rispetto alle coperture per ricorrere a un decreto legge che introduce l’obbligatorietà;
il decreto legge è privo delle coperture sia per l’acquisto dei vaccini necessari che per gli aspetti organizzativi di personale che derivano dall’applicazione di quanto previsto.
Dalle considerazioni delle Regioni nascono le loro proposte di emendamento.
La prima riguarda la vaccinazione contro l’emofilo b, per la quale le Regioni ricordano che veniva somministrata fino ai 5 anni in quanto fascia di età epidemiologicamente più a rischio. La stessa scheda tecnica ne autorizza l’uso fino ai 5 anni. Quindi, gli assessori sono perplessi al recupero dei non vaccinati fino ai 16 anni e la proposta è di prevederla fino ai 5 anni.
Poi le Regioni ritengono ci siano criticità che derivano dalla indicazione di utilizzo della notifica di malattia infettiva per l’esonero dalle vaccinazioni. Questo perché per diverse malattie indicate nel decreto per le quali c’è l’obbligo vaccinale, la notifica è storicamente effettuata in caso di solo sospetto, avendo l’atto un significato primario di sorveglianza epidemiologica e perché è difficoltoso sia per il medico curante che per il servizio pubblico rintracciare notifiche di molti anni antecedenti. Quindi, suggeriscono di valutare eventualmente di riservare la verifica della notifica, dove possibile, come atto istruttorio di ufficio da parte dei Servizi vaccinali, nelle attività istruttorie previste per le verifiche di inadempienza e atti successivi.
Se un bambino ha già avuto ad esempio il morbillo, questa vaccinazione per lui non è più obbligatoria. E rispetto agli “esiti analisi sierologia”, va valutato il rischio di incremento dei costi a carico del Ssr e del cittadino.
Poi gli assessori ritengono rischioso affidare al solo medico curante la attestazione dell’esonero e propongono quindi una certificazione da parte del pediatra di libera scelta o del medico di medicina generale, autorizzata dai Servizi vaccinali delle Aziende Usl.
Per quanto riguarda le sanzioni, prevederle richiede uniformità nell’interpretazione della loro entità per gli inadempienti per cui sarebbe opportuna la definizione dei criteri da parte del ministero della Salute.
Sarebbe utile poi secondo le Regioni che la campagna di comunicazione a supporto dell’offerta vaccinale da parte del ministero della Salute fosse condivisa con le Regioni rispetto a obiettivi, contenuti, strumenti e programmazione per rendere evidente, in una logica di sistema, l’univocità dell’offerta ai cittadini su tutto il territorio nazionale.
E sarebbe auspicabile ridurre al minimo la necessità di acquisire ed emettere dichiarazioni e certificazioni sullo stato vaccinale dei soggetti, semplificando le procedure per gli aventi diritto e per le istituzioni coinvolte. Ma considerando il diverso grado di informatizzazione delle anagrafi vaccinali regionali e l’assenza attuale dell’Anagrafe nazionale, le Regioni propongono una gradualità attuativa come da successiva proposta di emendamento: per il 2017-2018 i genitori devono presentare la documentazione sulle vaccinazioni, per il 2018-2019 sono i dirigenti scolastici a dover chiedere la documentazione all’atto dell’iscrizione, dal 2019-2020 i dirigenti scolastici trasmettono alle Asl gli elenchi dei vaccinati e queste li restituiscono entro il 30 giugno con l’indicazione dei soggetti che risultano adempienti agli obblighi vaccinali o con l’indicazione dei soggetti che, risultando inadempienti verranno invitati dall’Asl a regolarizzare la propria situazione vaccinale.
Infine la questione economica. L’attuazione del decreto avrà secondo le Regioni un impatto organizzativo significativo che, aggiungendosi al carico di lavoro previsto dal PNPV 2017-2019, non prevede tuttavia la possibilità di incrementare il personale dedicato alla attività di profilassi vaccinale e chiedono quindi una valutazione in questo senso, sottolineando che oltre al carico sul sistema vaccinale determinato dalle vaccinazioni previste dal Piano Nazionale, sono da valutare gli oneri collegati alla gestione amministrativa con genitori e scuole, oltre che con le problematiche correlate alla gestione dei contenziosi determinate dalle procedure sanzionatorie.
Quotidiano sanità – 6 luglio 2017