Un incontro tra le quattro principali sigle sindacali, una lettera per punti inviata al presidente della Regione Luca Zaia e un accordo generale per dichiarare, seconda volta nello spazio di tre anni, lo stato di agitazione. Anticamera di azioni sindacali di protesta che potrebbero portare presto i medici di medicina generale di Fimmg, Snami, Smi e Intesa Sindacale a incrociare le braccia e chiudere gli ambulatori per una serie di scioperi che rischiano di mandare in tilt l’assistenza territoriale. I motivi? Molteplici, ma soprattutto, come sottolinea Domenico Crisarà segretario regionale della Fimmg: «L’atteggiamento di totale immobilismo della Regione, con il quale ci scontriamo ormai da troppo tempo e che ha di fatto bloccato progetti innovativi che tanti vantaggi porterebbero all’utenza». Per citarne qualcuno: le Medicine di gruppo integrate, gli ospedali di comunità affidati alle cliniche private, la dematerializzazione delle ricette elettroniche, il progetto delle Eco-farmacie e del fascicolo sanitario elettronico arenatisi sui problemi legati alla privacy. Ma anche un nuovo taglio alla spesa farmaceutica pro-capite e il taglio del monte ore di ricoveri ospedalieri.
Il terreno sul quale si gioca la partita tra Regione e sindacati è l’assistenza territoriale che si declina in tante forme a cominciare dalle Medicine di gruppo integrate (gli ambulatori h12 o h24), rimaste troppo spesso solo un progetto: «In Veneto ne dovrebbero sorgere circa 400 — dice Crisarà — ma ne sono state attivate solo un’ottantina e la maggior parte sono Utap riconvertite. Mentre per un centinaio il progetto è in attesa di autorizzazione. Un tema urgente per il quale però l’ultimo incontro in Regione è stato a febbraio».
A subire una brusca frenata anche la dematerializzazione delle ricette e le Eco-Farmacie, bloccate perché mancano le regole di base sul trattamento dei dati sensibili. «Eppure questi progetti avrebbero portato un ulteriore riconoscimento allo sviluppo informatico della sanità veneta e soprattutto benefici ai cittadini — chiude il segretario della Fimmg —. Un esempio? In qualsiasi luogo di vacanza, un paziente potrebbe trovare i suoi medicinali direttamente in farmacia». E poi ci sono i tagli, quelli della spesa farmaceutica pro-capite scesa in due anni da 130 a 110 euro e del monte ore di ricoveri ospedalieri: «Con pazienti, anche critici — interviene Salvatore Cauchi, segretario regionale Snami — dimessi in massa il venerdì e che dovrebbero essere gestiti da un’assistenza territoriale che però manca». Il tutto, sottolineano i medici di famiglia: «Mentre ci accusano di tenere aperti i nostri ambulatori solo 3 ore al giorno — precisa Cauchi —. Ma come si fa a dirlo a fronte di 80 milioni di prestazioni erogate ogni anno in Veneto?».
Insomma tra Regione e sindacati il clima è teso, lo stato di agitazione proclamato e un’assemblea, già fissata per l’inizio di settembre, che servirà a stilare il programma delle azioni di protesta. Compreso lo sciopero. «A fronte di un immobilismo generale, il presidente Luca Zaia se ne viene fuori con il medico di famiglia dipendente — conclude Crisarà —. A noi sta bene tutto, ma ci dicano chiaramente cosa vogliono fare. E soprattutto lo dicano ai cittadini, perché stiamo parlando di problemi che ricadono sui pazienti. Noi vogliamo capire cosa c’è al di là di questa barriera e far capire che, se i progetti non partono, non è per nostra volontà» .
Milvana Citter – 5 luglio 2017