Via libera ieri, dal consiglio regionale, al regolamento messo a punto dal leghista Alberto Villanova che vieta l’ingresso nelle sedi istituzionali della Regione, degli enti del servizio sanitario regionale (ospedali e ambulatori), degli enti strumentali e degli organismi comunque sottoposti a controllo e vigilanza di Palazzo Balbi, a chi indossa «caschi protettivi o qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, inclusi abiti o indumenti di qualsiasi origine etnica o culturale, quali ad esempio il burqa e il niqab, che celano, travisano o nascondono il volto impedendo, di fatto, l’identificabilità della persona».
Nel corso del confronto in aula, nel tentativo di smontare l’accusa mossa dall’opposizione di voler approvare una norma discriminatoria a sfondo razziale, Villanova ha fatto aggiungere all’elenco anche sciarpe e passamontagna, e sempre con l’obiettivo di sminare il dibattito, che già aveva costretto due settimane fa il presidente dell’assemblea Roberto Ciambetti a sospendere i lavori, Villanova ha introdotto un esplicito riferimento alle norme di pubblica sicurezza che, salvo si possegga il porto d’armi per difesa personale, vietano di portare fuori casa e alle riunioni pubbliche (in questo caso anche se muniti di regolare licenza) armi di qualunque tipo. Una mossa dettata dalle polemiche scatenate dalla richiesta di Sergio Berlato di dare accesso libero «ai soggetti muniti di regolare licenza», circostanza che aveva fatto gridare allo scandalo l’opposizione: «Il burqa no, ma la pistola sì. È così che si garantisce la sicurezza?». Villanova ha chiarito: «Se uno ha il porto d’armi può entrare, è la legge a dirlo. Noi diamo al direttore dell’Usl la possibilità di introdurre con un nuovo regolamento condizioni più restrittive».
Tentativi inutili, la minoranza alla fine ha votato comunque contro: « È una legge demagogica, discriminatoria che ha altre finalità, neanche troppo nascoste, esclusivamente propagandistiche» ha commentato il correlatore Graziano Azzalin (Pd) mentre Villanova ribadisce una volta di più che «si tratta solo di una norma di buonsenso per tutelare la sicurezza, i nostri valori e la dignità della donna. Stop alle prigioni di stoffa, se uno straniero viene qui dev’essere lui ad adeguarsi alle nostre tradizioni, non il contrario».
Curiosamente, nelle stesse ore in cui il Veneto diceva «No» a burqa e niqab, nel vicino Friuli Venezia Giulia veniva bocciata un’analoga mozione «anti-velo» nelle scuole, negli ospedali e nelle sedi della Regione, firmata sempre dalla Lega. «Diciamo no ai luoghi comuni – ha affermato il capogruppo del Pd Diego Moretti – il tema dell’accoglienza va di pari passo con quello della sicurezza ma l’Italia finora è stata immune da attentati di un certo tipo, il percepito della gente non è reale effettività».
Dopo il via libera del consiglio regionale, Abdallah Khezraji, storico portavoce delle comunità marocchine di Treviso e già vicepresidente della Consulta regionale per l’immigrazione, ha commentato amaro: «Anziché cercare un’armonia il Veneto fa sempre il possibile per distinguersi, rendersi antipatico, spostare l’attenzione da questioni molto più serie». Il Sindacato degli studenti di Padova, invece, è furioso per il nuovo rinvio, causa «regolamento anti burqa» della mozione sul diritto allo studio: «È una vergogna» dice Nicola Pelusi del Sindacato degli studenti.
Marco Bonet – Il Corriere del Veneto – 28 giugno 2017