Nicola Quirino. Nel periodo 2000-2008, la spesa sanitaria pubblica è cresciuta in quasi tutti i paesi europei a ritmo molto sostenuto, e la quota di Pil assorbita in media da questa spesa è aumentata di quasi un punto percentuale, avvicinandosi nel 2008 alla soglia del 7%. Poi, però, la spesa sanitaria pubblica è calata e la sua incidenza sul prodotto lordo è rimasta inchiodata su un valore medio del 7,2%. Con notevoli differenze: tra il 2008 e il 2015, il tasso medio annuo di crescita della spesa sanitaria pubblica è lievitato in Germania e Regno Unito (attestandosi rispettivamente al 4 e 5,4%), si è avvicinato a zero in Italia, Spagna e Irlanda e ha assunto segno negativo in Grecia e Portogallo (rispettivamente -9,2 e -2,1%). L’Italia – con una spesa sanitaria pubblica pro capite di 2.470 dollari (a parità di potere d’acquisto) – si è così venuta a collocare al quart’ultimo posto nella relativa graduatoria europea, molto distante quindi da Germania (4.477 dollari) e Francia (3.464 dollari). A questo rallentamento della spesa per la protezione della salute hanno contribuito soprattutto tre fattori.
Il primo è dato dalla più moderata evoluzione del costo del lavoro, ossia dei redditi spettanti ai dipendenti delle strutture sanitarie pubbliche. Redditi che, nel periodo 2008-2015, sono mediamente cresciuti nella UE dell’1,8% all’anno, a un tasso molto più contenuto di quello rilevato nel periodo 2000-2008 (+4,8%). Anche in questo caso si è però riscontrata un’accentuata variabilità: nel nostro Paese le spese per il personale degli enti sanitari pubblici si sono contratte di oltre un punto percentuale all’anno, essenzialmente per effetto del blocco del turnover. Ora, se è vero che il blocco del turnover ha concorso in misura notevole al miglioramento dei conti della sanità (specie nelle regioni in piano di rientro) è anche vero che è responsabile dell’invecchiamento del personale medico. Nel 2014, secondo l’Oecd, i medici con più di 55 anni in Italia erano il 51,6% (il valore più alto della UE), contro il 45,4% della Francia, il 43,1% della Germania, il 27,9% della Spagna e il 13% del Regno Unito.
Il secondo fattore che sta alla base della decelerazione della spesa sanitaria pubblica è dato dalla minore pressione dei costi dell’assistenza ospedaliera, risultato di due tendenze comuni alla generalità dei paesi europei: 1) la riduzione del numero dei posti letto ospedalieri in rapporto alla popolazione residente; 2) la minore durata media delle degenze (scesa a 7,6 giorni in Germania, a 6,8 in Italia, a 6 in Spagna e Regno Unito e a 5,8 in Francia). Questa tendenza dovrebbe consolidarsi, tenuto conto della crescente incidenza delle patologie cronico-degenerative, per le quali non sempre l’ospedalizzazione è la risposta terapeutica più appropriata.
Il terzo fattore è dato infine dal taglio dei costi dell’assistenza farmaceutica convenzionata, realizzato attraverso un ampio ventaglio di misure, fra le quali spiccano per importanza: la fissazione di tetti di spesa, l’inasprimento dei ticket, i controlli sull’appropriatezza delle prescrizioni, l’applicazione di sconti ai prezzi di rimborso, la promozione dei farmaci generici, la distribuzione diretta dei medicinali, la centralizzazione degli acquisti e lo sviluppo dell’E-procurement.
La sostenibilità della spesa sanitaria pubblica potrà essere garantita nel lungo periodo solo perseguendo una maggiore efficienza nell’organizzazione dei servizi e più elevati tassi di appropriatezza nell’erogazione delle prestazioni. Il che presuppone, anzitutto, una più stretta integrazione sul territorio delle attività diagnostiche, terapeutiche e riabilitative con quelle di carattere più propriamente sociale. In questo contesto, si aprono importanti spazi di intervento per le associazioni di pazienti, non solo sul versante dell’informazione sanitaria e della tutela del diritto alla salute ma anche nell’ambito della programmazione delle attività assistenziali e dello sviluppo di progetti innovativi. La partecipazione delle associazioni di pazienti alle scelte di politica sanitaria presuppone, però, una formazione continua e una crescita nelle competenze per un cambio di passo in termini di inclusione dei pazienti nei processi di decisione dell’healthcare.
docente Finanza Pubblica, Accademia Guardia di Finanza
Repubblica – 27 giugno 2017