L’export di salumi rende meno acuta la crisi dei consumi sul mercato italiano. Nel 2016 la produzione di salumi in Italia è calata dello 0,2% a 1,174 milioni di tonnellate ma il valore è rimasto stabile a 7,87 miliardi di euro. L’insieme delle produzioni del comparto (salumi, grassi lavorati, altre carni conservate) si è fermato a 8,2 miliardi, -0,1%. L’export invece è balzato del 4,8% a 1,4 miliardi (meno del 20% della produzione) e del 6,3% in quantità. I dati sono stati forniti ieri in occasione dell’assemblea Assica (l’Associazione delle imprese delle carni e dei salumi), nel corso della quale il presidente Nicola Levoni è stato riconfermato per un altro biennio.
Il settore ha continuato ad essere penalizzato dalla debolezza dei consumi interni e da uno stile alimentare (moda o trend strutturale?), in particolare dei giovani, che penalizza il consumo di carne e salumi.
Nel 2016 le vendite di salumi nella grande distribuzione e nei discount si sono contratte, secondo Iri, dell’1,2% a 4,9 miliardi e dell’1,2% a volume. Lo scivolone delle quantità ha colpito(nei canali iper+super+superette) mortadella (-5,2%), salame (-3,4%), prosciutto cotto (-1,8%) e crudo (-2,7%). A valore hanno perso tutti i prodotti, a iniziare da mortadella (-5,7%) salame (-2,9%), prosciutto cotto (-1,8%) e crudo (-1,3%). I prezzi medi sono tutti in discesa, eccetto per crudo e salami.
Dato questo contesto l’export diventa strategico. Tuttavia nel 2016 «sono cresciute le preoccupazioni per le diffuse tensioni geopolitiche – ha detto Levoni – e anche per Brexit. Per fronteggiare questi scenari siamo consapevoli che l’export è un traino irrinunciabile. Anche grazie all’attività di Assica, il 2016 ha registrato buone performance di export di salumi, raggiungendo il valore record di 1,4 miliardi e il rafforzamento della salumeria italiana, con l’apertura di nuovi sbocchi commerciali in Nord America e in Asia». Il Vecchio continente però rimane trainante: +6,3% in quantità e +5,4% a valore a 1,1 miliardi.
Grazie all’export, la quota di prosciutti crudi e cotti, leader del settore, si è mantenuta del 49% in quantità e del 52,5% a valore.
Durante l’assemblea di Assica è stata presentata anche la Ricerca Censis sul valore sociale dei salumi. Emerge che sono 51,6 milioni gli italiani che mangiano salumi. Nel 2016 hanno consumato prodotti di carne di maiale il 96% degli italiani maggiorenni, di cui il 59,7% una o più volte alla settimana, il 36,3% qualche volta al mese mentre solo il 4% dichiara di non fruirne mai.
Il consumo pro capite annuo reale è di 19,9 Kg, nove etti in più del 2008. L’Italia si colloca al 16esimo posto nella graduatoria europea, con 25,6 Kg pro-capite all’anno in meno rispetto ai ciprioti, 16,5 kg dei danesi, 15,2 kg degli spagnoli e 12,9 Kg dei tedeschi.
Emanuele Scarci – Il Sole 24 Ore – 14 giugno 2017