Non è giusto. Lo dicono con lo sguardo, abbaiando, in qualche caso anche con reazioni violente. Spesso però, per compiacere i padroni celano il loro disappunto, pur sapendo, per istinto, di aver subito un torto. Finora si riteneva che il forte senso di giustizia dei cani derivasse dalla loro millenaria coabitazione con gli umani. Uno studio della University of Veterinary Medicine di Vienna dimostra invece che i nostri amici a quattro zampe sapevano distinguere tra giusto e ingiusto ben prima di essere addomesticati.
Un gruppo di lupi e uno di cani, tutti allevati presso il Wolf science center della capitale austriaca, sono stati addestrati a premere un pulsante in cambio di un premio rappresentato da una porzione di cibo. Successivamente, due esemplari di ogni specie sono stati posti in gabbie adiacenti. Quando gli animali premevano il pulsante ottenevano una ricompensa: la discriminante del test era rappresentata da una gratificazione che, in alcuni casi, era più succulenta (carne invece di crocchette) per uno solo dei due esemplari, spingendo il secondo a provare un senso di frustrazione e a smettere di collaborare. La reazione di rifiuto è stata più evidente nei lupi, tanto che uno dei partecipanti all’esperimento ha smesso di premere il pulsante dopo appena tre tentativi in cui non aveva ricevuto nulla mentre il partner era stato ricompensato. Addirittura il fastidio per il torto subìto lo ha spinto a distruggere l’apparecchio.
Gli autori dell’esperimento sottolineano l’importanza del paragone tra due trattamenti diversi: senza la possibilità di un raffronto con il partner ogni esemplare avrebbe continuato ad eseguire il comando. Inoltre, il comportamento simile di cani e lupi, ha spinto gli studiosi a trarre la conclusione che “Fido” non ha appreso l’idea di giustizia dall’uomo, ma la possedeva già prima di allontanarsi dallo stato selvatico.
«Non so se si può parlare di senso di giustizia nei cani, significherebbe attribuire agli animali sensazioni e valori tipici degli esseri umani» spiega Luigi Boitani, zoologo presso l’Università La Sapienza di Roma e grande studioso di lupi. «Tuttavia atteggiamenti come l’altruismo sono sicuramente presenti in molte specie, perché rappresentano un preciso vantaggio: rinunciare a un benessere immediato per aiutare un parente prossimo significa avere maggiore possibilità di trasmettere il proprio patrimonio genetico. Una volta» racconta Boitani «ho osservato vicino al Polo Nord una femmina di lupo che non curava il proprio cucciolo: solo l’aiuto della nonna del piccolo ha consentito la sua sopravvivenza ». I ricercatori di Vienna hanno anche notato che lo status sociale degli animali gioca un ruolo nel metabolizzare il torto subìto: esemplari di cani e di lupi che occupavano un rango elevato si dimostravano più velocemente intolleranti all’ingiustizia se il partner aveva una posizione inferiore nella scala gerarchica. Inoltre i cani domestici sopportavano meglio i torti durante i test, probabilmente proprio perché abituati dall’esperienza di vita con i padroni e dal desiderio di compiacerli. Ma resta la loro capacità di capire quando un simile, a parità di prestazione, è stato trattato meglio. «Per questo, chi possiede più di un cane è bene che li gratifichi in modo equilibrato, così da evitare l’innescarsi di una competizione che può anche essere aggressiva » spiega Luca Rossi, esperto di psicologia canina. «Un po’ come fa un buon padre di famiglia che si dimostra equo con i figli».
Repubblica – 12 giugno 2017