L’industria alimentare corre più forte dell’economia italiana nel suo complesso e infila il settimo anno consecutivo di crescita: i ricavi nel 2016 avanzano del 2,5%, performance più che doppia rispetto ai ritmi del Pil nonostante sia caratterizzata da un lieve rallentamento rispetto al 2015. Lo rivela l’ultima edizione del Food Industry Monitor, osservatorio sulle aziende agroalimentari a cura dell’Università di Scienze gastronomiche di Pollenzo-Bra che sarà presentato questa mattina in un evento in collaborazione con Borsa Italiana, Elite ed Efg.
Uno studio giunto alla terza edizione che mette sotto la lente 809 società di capitale dei comparti più rappresentativi del food, per un fatturato aggregato di 58 miliardi a fronte dei 135 miliardi di valore complessivo dell’intero settore agroalimentare. Il primo dato che si coglie è l’incremento dei ricavi pari al 2,5%, performance migliore rispetto alla crescita del Pil come ormai accade da buoni cinque anni. Il balzo in avanti è comunque meno marcato rispetto a quello registrato tra 2014 e 2015 (+3,8%), «segno – commenta Carmine Garzia, coordinatore dell’osservatorio Unisg – che può evidenziare da un lato una pressione sui prezzi da parte della gdo, dall’altro ricadute sul giro d’affari di dinamiche contingenti legate all’export verso alcuni paesi».
Lo stato di salute generale del food italiano resta più che buono, con il valore aggiunto che, a partire dal 2012, è cresciuto a tassi più elevati rispetto al fatturato: nel 2016 siamo intorno al 5%, performance in linea con quella dell’anno precedente. Merito, secondo lo studio, di «know-how di prodotto e di processo unici che permettono di aggiungere valore alle materie prime di qualità attraverso i processi produttivi, la comunicazione, il brand e la distribuzione».
Di particolare interesse appaiono le verticalizzazioni che il monitor effettua sulla redditività. Il return on sales (ros) nel 2016 si attesta al 5,3%, in frenata rispetto al dato di 2015 (6,4%) e 2014 (6%), il return on invested capital (roic) raggiunge il 7,5%, ma siamo comunque al di sotto delle performance di 2015 (9,7%) e 2014 (9,3%). In linea con i due anni precedenti si presenta invece il tasso di indebitamento, a quota 2,5 per cento. Quando parliamo di redditività, ogni comparto del settore food si comporta in maniera molto differente. Sul fronte dell’indice ros fanno particolarmente bene i distillati (12,9%) e le aziende del food equipment (9%), ma anche i dolci e la pasta, entrambi a quota 7,5 per cento. Il roic premia invece soprattutto il food equipment (20%) che stacca acqua (15,8%) e birra (15,6%).
Altro aspetto su cui lo studio si concentra è quello delle dimensioni dei soggetti produttivi di settore. Ne risulta che le aziende di grandi dimensioni crescono a tassi superiori rispetto a quelle medie nei comprarti come olio (13%) e vino (12,1%). Le medie aziende del comparto del latte e dei salumi hanno registrato tassi di crescita maggiori rispetto alle grandi aziende (4,8% e 3,7%). «Qualità dei prodotti e dimensioni delle aziende – conclude Garzia – sono temi decisivi per il futuro di un settore che deve mettere sempre di più la redditività al centro delle proprie strategie di crescita».
Francesco Prisco – Il Sole 24 Ore – 8 giugno 2017