In ritardo, ma non troppo. Almeno nelle intenzioni del ministero dell’’Economia. Il Dpcm sulla prima ripartizione di oltre un miliardo di tagli ai ministeri nell’ambito dei target triennali di spesa 2018-2020, già indicato nell’ultimo Def e considerato uno dei pilastri della prossima manovra autunnale, doveva essere varato entro il 31 maggio. A indicare con chiarezza questa scadenza è la riforma della bilancio dello Stato, approvata lo scorso anno dal Parlamento, che rende obbligatoria e maggiormente strutturale la spending review e che introduce un nuova tempistica per evitare che in prossimità del varo della legge di bilancio autunnale sulla revisione della spesa si consumi, come ogni anno, la traumatica trattativa tra Palazzo Chigi e Mef da una parte e i singoli dicasteri dall’altra sui i tagli da apportare ai budget. La tabella di marcia non è stata però rispettata. Anche se a via XX settembre si starebbero ora accelerando i tempi. Il testo dovrebbe essere presentato al più tardi tra una quindicina di giorni (subito dopo il primo turno della tornata di amministrative). Appuntamento, dunque, a metà giugno con un probabile passaggio in Consiglio dei ministri.
Non manca qualche incognita. Come l’eventuale decisione, tutta politica, di attendere anche i ballottaggi delle amministrative. In questo caso il varo del Dpcm slitterebbe verso la fine di giugno dando anche la possibilità ai ministeri di avere più tempo a disposizione per tentare di rendere meno “ambiziosi” i propri obiettivi di spesa per il prossimo anno e per il biennio successivo. Alla Ragioneria generale dello Stato sono comunque sostanzialmente pronti. L’istruttoria tecnica per giungere alla definizione del Dpcm è stata di fatto completata. Nella ripartizione dei tagli tra i ministeri a fare la parte del leone ci dovrebbe essere, ancora una volta, proprio il Mef.
Il Dpcm, in particolare, dovrà mettere nero su bianco le priorità del Governo in tema di spending review sul versante dei dicasteri e, come detto, gli obiettivi triennali di ciascun ministero. Nel corso dell’estate (tra giugno e agosto) dovrebbero poi arrivare al Mef e a palazzo Chigi le proposte di ogni ministro per individuare gli interventi necessari per centrare i target indicati. Un’operazione da realizzare indicando le misure vere e proprie da adottare e anche i margini di efficientamento attraverso procedure amministrative. Toccherà poi a Palazzo Chigi e al ministero dell’Economia coordinare tutto il processo e inserire gli interventi necessari nel disegno di legge di bilancio da presentare (secondo l’agenda attuale) entro il 15 ottobre.
Marco Rogari – Il Sole 24 Ore – 3 giugno 2017