Ieri alla Camera si è parlato di Pfas. L’interrogazione a firma di Ermete Realacci (Pd), presidente della Commissione ambiente, è stata sottoscritta dai dem vicentini Daniela Sbrollini e Federico Ginato. Obiettivo: chiedere al Ministero cosa stia facendo per arginare il problema del maxi inquinamento. «La problematica – si legge nella risposta ricevuta dal Ministero – è un tema su cui si sta lavorando dal 2013, anno in cui è stato istituito un gruppo di lavoro tecnico che prevede il coinvolgimento di tutti gli istituti scientifici ed enti di riferimento».
Di più. Nel provvedimento di risposta all’interrogazione si precisa che «il ministero dell’Ambiente ha esteso a livello nazionale gli approfondimenti per capire l’entità dell’inquinamento e predisporre programmi di monitoraggi ad hoc, oltre a valutare il danno ambientale e lavorare alla revisione del regolamento Reach».
Nel documento poi si riporta il quadro delle azioni avviate dalla Regione. Positivo il commento degli interroganti. «Il Ministero dell’ambiente si è impegnato ad assicurare acqua pulita ai cittadini veneti – sottolineano Realacci insieme a Sbrollini e Ginato – e a garantire il monitoraggio su tutto il territorio nazionale su entità, estensione e possibili fonti di inquinamento delle acque. Il ministero poi afferma che la Regione ha avviato un piano di monitoraggio e controllo. Resta però necessario avviare con forza e in modo veloce il disinquinamento delle falde anche per rendere sicura l’acqua ad uso agricolo».
Bottacin punta a sensibilizzare le autorità dell’Ue per un cambio di rotta: «Siamo i primi in Italia a porre il problema»
La lotta all’inquinamento dei Pfas passa anche attraverso un’etichetta. Sì, perché si tratta di sostanze che resistono nell’ambiente nonostante il tempo e si accumulano nel corpo. Il caso Veneto tocca tre province ed è il più grande per estensione e numero di persone coinvolte. Anche più dell’inquinamento in America della DuPont. E sta facendo scuola. Accanto a tutte le iniziative prese fino ad ora dalla Regione per arginare l’emergenza, peraltro elencate ieri dal Ministero, l’assessore regionale all’ambiente, Gianpaolo Bottacin, lancia la proposta: «Serve rendere obbligatoria l’etichetta dei prodotti che possono contenere Pfas. Ad oggi molti non sono segnalati perché inferiori all1%. Ma serve alzare la guardia».
Ovvio, non è certo la Regione a dover imporre questo adeguamento normativo. Ma da palazzo Balbi parte l’appello rivolto a chi ne ha la competenza: cioè il ministero italiano e le autorità Comunitarie con il cosiddetto regolamento Reach.
«Anche sulla problematica relativa alla presenza di sostanze perfluoroalchiliche nei prodotti utilizzati nell’industria, il Veneto si dimostra all’avanguardia essendo la prima Regione in Italia ad aver affrontato la questione», ci tiene a sottolineare Bottacin.
IL QUADRO. L’assessore spiega come i temi della «tracciabilità di questa famiglia di derivati del fluoro nei prodotti industriali», insieme «alla richiesta di introdurre standard di qualità ambientale stringenti e appositi divieti e limiti all’importazione di tali composti», siano state portate all’attenzione del gruppo di lavoro tecnico organizzato dal Ministero dell’Ambiente riservato all’emergenza Pfas in Veneto. Spiega Bottacin: «Abbiamo sollecitato, e lo faremo ancora, sia il ministero che la Ue perché dettino disposizioni specifiche. E chiaro che questa rappresenta una questione non secondaria: il rischio concreto è che, mentre ci si concentra, peraltro giustamente, nella misurazione degli scarichi industriali delle aziende produttrici, ci siano moltissimi potenziali utilizzatori di prodotti in diversissimi settori industriali, che per ogni litro di liquido di prodotto utilizzato, potrebbero maneggiare un quantitativo corrispondente a ben 10 miliardi di nanogrammi di Pfas. Queste imprese utilizzatrici – fa rilevare l’assessore – ignorando la presenza di tali sostanze poiché non indicate in etichetta, potrebbero sversarlo tranquillamente nelle matrici ambientali inconsapevolmente. La questione, come si intuisce, è pertanto di fondamentale importanza per la tutela delle acque e della salute pubblica, ma inspiegabilmente tale tema non è mai stato sollevato nè dal Ministero, nè da Comitati o Associazioni ambientaliste come Greenpeace, né tantomeno da altre Regioni».
Bottacin sa che il Veneto sulla battaglia anti-Pfas, ancora per molti versi senza regole, sta facendo da apripista: «Siamo l’unica Regione che si è mossa pur essendo presenti tali sostanze anche nel Po, fin dal tratto piemontese, dove secondo il noto studio del Cnr-Irsa ci sarebbe chi sversa addirittura 60 milioni di nanogrammi ogni secondo, nell’Arno, e nel Tevere. Torno quindi a rilanciare l’appello alle autorità ministeriali: serve subito attivarsi a massimi livelli tecnico-scientifici per stabilire limiti o obiettivi di qualità per tutte le matrici ambientali, aria compresa, ed i relativi metodi di campionamento e analisi, al fine di poter disporre di dati certi e oggettivabili al fine di dare massima garanzia ai cittadini».
LE CRITICHE Sul fronte delle azioni già avviate dalla Regione, il M5s in Consiglio regionale ha presentato una interrogazione alla Giunta facendo proprie le criticità denunciate dall’Ordine dei medici di Verona e prima ancora da quelle di Vicenza. Si legge nella nota a firma del capogruppo Jacopo Berti: «Dopo alcuni medici di Vicenza, anche l’Ordine veronese dichiara di non aver ricevuto indicazioni su come si devono comportare in merito ai Pfas e alla contaminazione dei pazienti risultante dall’analisi. In particolare, il presidente della provincia scaligera, Roberto Mora, auspica che «da palazzo Balbi finalmente vengano programmate iniziative di formazione».
Il Giornale di Vicenza – 25 maggio 2017