Nella riforma ad ostacoli della pubblica amministrazione, il nuovo statuto del pubblico impiego è stato sempre considerato il tassello fondamentale. Necessario, tra le altre cose, ad avviare il negoziato con i sindacati per il rinnovo del contratto di lavoro bloccato da sette anni. Non a caso ieri, subito dopo il via libera del consiglio dei ministri al provvedimento, il ministro della Funzione pubblica Marianna Madia ha fatto sapere che ora «le carte sono in regola» per lo sblocco dei contratti. I due decreti approvati ieri, del resto, le permettono ora di dare le sue direttive all’Aran, l’Agenzia pubblica incaricata di negoziare con i sindacati, per avviare il tavolo che dovrà portare, come prevede l’accordo del 30 novembre dello scorso anno, ad un aumento «medio mensile» di 85 euro lordi in busta paga. Ma l’effetto pratico della riforma non si farà sentire soltanto sulle buste paga dei lavoratori. Molte cose cambieranno nei posti di lavoro pubblici: valutazioni, premi, assunzioni, visite fiscali, licenziamenti. Proprio da qui conviene probabilmente partire. Nello statuto dei lavoratori pubblici, a differenza di quello dei lavoratori privati, restano le tutele dell’articolo 18. Chi sarà licenziato «senza giusta causa» dovrà essere riassunto. Non sarà invece possibile pagargli soltanto un indennizzo monetario. Anzi. Il testo mette anche un tetto ai «risarcimenti» per chi, licenziato senza motivo, viene riassunto: non potranno superare le 24 mensilità.
IL DECALOGO Ad arricchirsi, invece, è il capitolo dei licenziamenti disciplinari, quelli in cui la causa è giusta. Si potrà essere mandati a casa, se si violano i codici di comportamento, per esempio accettando regali di valore elevato. Verrà licenziato chi nell’arco di un biennio ha avuto sanzioni disciplinari superiori ad un anno. Ma potrà soprattutto essere licenziato chi ha un «rendimento scarso». Quello, spiegano le norme, che si ha se un dipendente ha ricevuto costantemente pagelle negative negli ultimi tre anni. Fuori dalle norme restano i cosiddetti furbetti del cartellino, quelli colti a timbrare per poi allontanarsi dall’ufficio. Le norme sono in un decreto a parte ancora all’esame del Parlamento. L’ultimo tassello, insieme alla riforma delle partecipate, che ancora manca per completare il quadro della riforma Madia della pubblica amministrazione.
Altra categoria di furbetti, che invece viene colpita dalle nuove norme, è quella dei week end: i cosiddetti assenteisti seriali. Nei contratti sarà stabilito che gli uffici che hanno elevati tassi di assenteismo, ricevano premi più bassi. Non solo. Le visite fiscali potranno essere mirate per controllare proprio chi marca visita nei prefestivi o nei ponti. Sempre sul fronte dei controlli, arriverà il polo unico delle visite fiscali. I medici saranno inviati dall’Inps e non più dalle Asl. Ma questo pezzo della riforma entrerà in vigore soltanto dal prossimo primo settembre.
LE ALTRE NOVITÀ Cambieranno anche gli orari. Oggi i dipendenti statali e degli enti locali devono essere reperibili per l’intera settimana, festivi compresi, nelle fasce orarie dalle 9 alle 13, e dalle 15 alle 18. Anche i lavoratori del settore privato devono essere reperibili tutta la settimana, compresi sabati e domeniche, ma le fasce orarie sono differenti e vanno dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19. Si dovrebbe andare verso una via intermedia, sei ore di reperibilità per tutti. La riforma del pubblico impiego apre anche ai salti di carriera interni, senza la necessità di dovere passare per un concorso vero e proprio. La novità vale per il triennio 2018-2020 e il numero dei posti da mettere in palio non potrà superare il 20% dei fabbisogni programmati. Pagelle positive, per almeno tre anni di fila, faranno punteggio, fermo restando che i titoli di studio richiesti saranno gli stessi di quelli necessari per quanti accedono dall’esterno. I premi non saranno a pioggia, ma non ci saranno nemmeno le strete gabbie previste dalla vecchia legge Brunetta (mai entrate in vigore). Tutto è rimandato alla contrattazione collettiva, salvo il fatto che a pesare sugli incentivi sarà anche il gradimento dei cittadini.
Il Messaggero – 20 maggio 2017