L’attacco sferrato dal sindaco Giovanni Manildo ha lasciato il segno. La durissima critica alla riforma varata dalla Regione in tema di servizi socio-sanitari, ha acceso la miccia a un dibattito molto acceso. Il primo a scendere in campo è il direttore generale dell’Usl 2 Francesco Benazzi. Parla da tecnico, ma difende a spada tratta le scelte fatte a Venezia e ridimensiona i timori espressi dal sindaco: non si può parlare di tagli, ma di riorganizzazione e ottimizzazione. E, soprattutto, è sbagliato dire che verranno cancellati dei servizi: «Ai cittadini non sarà tolto nulla» sottolinea.
Direttore Benazzi, il sindaco Manildo ha lanciato un allarme: la riforma dei servizi sociosanitari rischia di tagliare un discreto numero di strutture presenti sul territorio. «Non è così. Quella del sindaco è un’uscita fuori misura».
Ma i tagli ci sono: le unità operative complesse passano da 71 a 33 e quelle semplici da 93 a 43. «È chiaro che siamo di fronte a una riorganizzazione importante, cosa del resto inevitabile visto che i fondi in arrivo dal ministero sono sempre meno. Ma è bene precisare che ai cittadini non verrà tolto niente».
E cosa cambia allora? «Si andranno a ridurre le apicalità. Per dirla in modo più semplice: diminuiremo il numero dei “generali” ma senza ridurre quello delle truppe e dei servizi. E questo ci permetterà di risparmiare risorse da reinvestire».
Chi contesta teme che queste risorse verranno investite solo nel comparto sanità e non in quello sociosanitario. «Ma no, gli investimenti saranno effettuati ovunque. I servizi nel territorio non sono e non saranno toccati. La riforma e i conseguenti atti aziendali ne assicurano la valorizzazione e la continuità, l’omogeneità dell’erogazione e la valorizzazio- ne delle eccellenze sia in ambito sanitario sia sociale».
Però si continua a parlare di riduzioni, di eliminazione di alcune strutture. «È una visione sbagliata. Nessuna struttura verrà eliminata, nessun centro diurno o ambulatorio verrà chiuso. Saranno ridotti solo i capi. Non è che con 100 generali le cose funzionino per forza meglio. È preferibile invece avere un unico responsabile, un soggetto chiaro cui i cittadini si possono rivolgere se qualcosa non va. E lo stesso varrà per me».
Insomma: Manildo parla di tagli e lei di ottimizzazione. «Ma è cosi. Verrà semplicemente accorciata la linea di comando. Al cittadino non sarà tolto alcun servizio, ma anzi potrà giovarsi di una organizzazione omogenea».
Faccia qualche esempio concreto. «Pensiamo al sistema informatico, oggi ne abbiamo tre per ogni ex Usl. Non è pensabile, di questi tempi, che l’ospedale di Conegliano non possa interagire senza moltiplicare i passaggi con quello di Treviso o di Castelfranco».
Il nuovo modello, insomma, è molto meno terribile di come viene dipinto. «Il futuro della nostra sanità è chiaro: fare sistema, ridurre i margini di spreco delle risorse, dare tecnologie avanzate. Questo è possibile partendo da un modello virtuoso già vitale grazie all’impegno dei nostri operatori e professionisti. Il nuovo modello punta ancora di più sulle professioni sanitarie proprio per favorire sempre di più l’integrazione tra ospedale e territorio e migliorare ulteriormente l’assistenza».
E per arrivare a questo la scelta è stata di ridurre le posizioni di comando. «Proprio in quest’ottica rientra il contenimento delle apicalità: avere qualche generale in meno per investire sulle figure più a contatto con gli assistiti. La linea di management, inoltre, diventa così più corta ed efficace e porta l’azienda più vicina ai cittadini».
Il Gazzettino di Treviso – 21 maggio 2017