Prosegue la frenata dei nuovi contratti a tempo indeterminato: nei primi tre mesi dell’anno, ha reso noto ieri l’Inps, il saldo tra attivazioni (comprese le trasformazioni di contratti a termine e apprendistati) e cessazioni è rimasto positivo, ma si è fermato a +17.537 unità (nel 2016 erano 41.731 i rapporti fissi in più; nel 2015, con in vigore l’incentivo pieno targato Jobs act, la variazione netta toccava +214.765 contratti stabili).
Il venir meno, da gennaio, degli sgravi “temporanei” e la crescita che stenta a decollare stanno cambiando le scelte assunzionali delle imprese: nel periodo gennaio-marzo i contratti totali attivati in più sono stati 322.294: di questi ben 279.318 sono a tempo determinato (l’incremento maggiore si è registrato nel commercio, turismo, ristorazione, e nelle costruzioni). In aumento, anche, l’apprendistato: +29,5% di assunzioni. Sul fronte cessazioni, i licenziamenti sono saliti (+2,8%), specie quelli disciplinari, ma sono scese le dimissioni (-3,4%) per la nuova procedura online. Il mercato del lavoro resta in una fase di assestamento: il giro di vite sugli ammortizzatori (durate ridotte e aggravi di costi per le imprese utilizzatrici), sta facendo crollare le ore di cassa integrazione autorizzate dall’Inps: ad aprile il calo è stato del 58,1%; per la cassa straordinaria (la Cigs, per crisi aziendali più complessa) si è toccato addirittura -62,7% (nell’industria il dato cumulato, gennaio-aprile, ha registrato un significato -59,12%). Allo stesso tempo, a marzo, per la prima volta da inizio anno, sono cresciute le domande di disoccupazione (Naspi): ne sono state presentate in tutto 111.334 (+12% rispetto alle 99.435 di marzo 2016). Un primo segnale di travaso da Cig a disoccupazione, visto che da gennaio non esistono più cassa e mobilità in deroga? «Sì – ha risposto l’economista del Lavoro, Carlo Dell’Aringa –. Attenzione, però: la scelta di riordinare i sussidi per evitare comportamenti opportunistici è corretta. Ma contemporaneamente dovevano partire le politiche attive. La seconda gamba del Jobs act sta viaggiando a rilento. Serve subito una svolta, responsabilizzando le regioni».
Il Sole 24 Ore – 19 maggio 2017