Marco Bresolin. C’è un nuovo ostacolo sulla strada che potrebbe portare l’Agenzia Europea del Farmaco da Londra a Milano. E questa volta non è solo una questione di concorrenza tra le città in lista per accaparrarsela (40, al momento). La patata bollente finirà sul tavolo dei capi di Stato e di governo che si riuniranno il mese prossimo a Bruxelles e il neopresidente francese, Emmanuel Macron, nel suo esordio al Consiglio Europeo rischia di trovarsi a un bivio. In Parlamento alcuni eurodeputati stanno preparando quella che è già stata ribattezzata «la mossa del cavallo», che verrà ufficializzata nelle prossime settimane («forse già mercoledì» annuncia una fonte parlamentare): portare l’Agenzia del Farmaco a Strasburgo e risolvere una volta per tutte la grana della doppia sede dell’Eurocamera, mantenendo solo quella di Bruxelles.
Ogni mese il carrozzone fatto di parlamentari-assistenti-funzionari si sposta nella città francese per la seduta plenaria. Ci rimane solo dal lunedì al giovedì e il conto annuale delle trasferte ammonta a 114 milioni. Gli altri 26 giorni del mese, gli uffici restano vuoti, perché tutte le attività si svolgono a Bruxelles. La sede di Strasburgo è considerata il simbolo degli sprechi delle istituzioni Ue. Ma così prevedono i Trattati e per modificarli serve l’unanimità degli Stati membri. Impossibile. I francesi si sono sempre opposti. Anzi, a dicembre hanno difeso il principio portandolo davanti alla Corte di Giustizia Ue per la semplice ragione che il bilancio Ue era stato votato nell’aula di Bruxelles e non a Strasburgo.
Chi ha studiato questa mossa, però, è convinto di prendere due piccioni con una fava. Verrebbe azzerato l’extra-costo legato alla doppia sede del Parlamento e la città di Strasburgo non ci perderebbe nulla. Anzi, invece che popolarsi soltanto per tre giorni al mese, finirebbe per ospitare tutto l’anno i 900 funzionari dell’Agenzia del Farmaco, oltre le migliaia di ricercatori che le gravitano attorno.
A giugno verranno definiti i criteri per le città candidabili e a ottobre dovrebbe arrivare la decisione. Ma la lista di pretendenti è lunga e il braccio di ferro tra i 27 leader si preannuncia tesissimo. Al momento tra le città favorite ci sono Vienna, Milano, Barcellona, Stoccolma e Amsterdam. Si rischia lo stallo e la carta-Strasburgo potrebbe essere la via d’uscita.
La strada per arrivare a questo tipo di decisione, però, è tutt’altro che semplice. Alcuni eurodeputati francesi del Ppe hanno già definito la proposta «un imbroglio» perché ritengono che la presenza del Parlamento Ue a Strasburgo abbia soprattutto un valore simbolico. Spetterà a Macron, eventualmente, sbrogliare la matassa. Di certo porre fine alla doppia sede dell’Europarlamento sarebbe la sua prima mossa per iniziare a cambiare davvero l’Europa.
La Stampa – 14 maggio 2017