È vero che era stato morso dal cane ma questo non significa che sia stato lui a fargli del male, che si sia vendicato dell’animale ferendolo a sua volta. Anche perché non c’era alcun testimone, alcuna prova della sua eventuale colpevolezza. Il cane era sì tornato a casa dal padrone ferito, con lesioni gravi attorno agli occhi e una micro frattura alla coda, tanto che era dovuto ricorrere alle cure del veterinario. Ma chi lo dice che il 27enne su cui Willy, questo il nome del meticcio di taglia media, aveva «posato» i denti debba essere per forza di cose anche l’aggressore? Non è affatto scontato per il tribunale. Tanto che dopo una prima pena pecuniaria, in seguito all’opposizione al decreto penale di condanna, è arrivata l’assoluzione con formula piena.
Lo ha stabilito una sentenza del giudice Cristina Arban che ieri mattina ha assolto «per non aver commesso il fatto» un 27enne residente ad Arcugnano. Era accusato del reato di maltrattamenti di animali perché «per crudeltà – si legge nel capo di imputazione – cagionava una lesione al cane Willy» di proprietà di un signore del posto, il 17 luglio di due anni fa. Un reato, quello contestato dopo la denuncia del padrone del meticcio, per il quale il giudice Massimo Gerace a settembre scorso lo aveva condannato a 1500 euro di multa (ridotta dall’iniziale di 3mila euro). Ma il 27enne ha voluto far valere le sue ragioni e ha presentato attraverso il suo legale, Manuel Pretto, opposizione al decreto di condanna. Ottenendo l’assoluzione. Del resto anche lo stesso proprietario di Willy, in sede di denuncia, non aveva portato delle prove, delle certezze sul fatto che fosse stato il 27enne a ridurre in quelli condizioni l’amico a quattro zampe. Insomma, era una presunzione, lo aveva desunto. Perché aveva raccontato di essere stato morso dal meticcio. Ma questo non vale in sede penale. Il ragionamento del giudice è questo: il cane si era allontanato da casa e vi aveva fatto ritorno in seguito, ferito, ma il fatto che Berengo sia stato morso, come ha sostenuto lui stesso, «non può valere a provare, ma nemmeno a desumere verosimilmente» che abbia maltrattato l’animale domestico. Che abbia reagito magari con un calcio, una violenta sberla o addirittura un pugno. Solo ipotesi senza riscontro.
Il Corriere del Veneto – 5 maggio 2017