Luca Fiorin. La siccità fa scoppiare il bubbone Leb: il decreto di pochi giorni fa, firmato dal presidente della Regione, Luca Zaia è duramente contestato dagli agricoltori. Praticamente, dicono, saranno solo loro a pagare la crisi idrica dopo il diktat regionale che impone la riduzione dei prelievi d’acqua dal corso d’acqua. Il problema è legato all’uso dell’acqua prelevata dal canale artificiale Leb che, a sua volta, viene «rifocillato» dall’Adige. Un corso d’acqua cruciale non solo per il Veronese ma anche per la parte sud della Regione in quanto il canale arriva fino a Padova, partendo da Belfiore. Normalmente nei mesi estivi il Leb trasporta sino a 34 metri cubi di acqua al secondo. Da questa settimana, a causa del bassissimo livello dell’Adige, potrà arrivare solo a 14 metri cubi al secondo. Di quella quantità d’acqua, però, 6, in base ad una delibera regionale del 2011, devono essere versati costantemente nel fiume Fratta-Gorzone, all’ altezza dello scarico nel corso d’acqua, a Cologna, del «tubo». Il collettore che trasporta a valle i reflui di cinque depuratori del Vicentino, nel cui elenco figurano anche quelli che raccolgono gli scarichi delle concerie e dell’azienda chimica che secondo la Regione è la causa principale dell’inquinamento da Pfas. «Si tratta di una situazione che poteva essere tollerata solo per un tempo limitato, visto che nessuno si aspetta che i problemi possano essere risolti improvvisamente con un colpo di bacchetta magica», afferma il presidente provinciale di Coldiretti, Claudio Valente, «il canale Leb è stato realizzato per garantire acqua per l’irrigazione e non come strumento di diluizione degli scarichi delle industrie di altre provincie, per cui ora ritengo che i tempi siano maturi per eliminare l’inquinamento delle acque». Poi c’è l’auspicio che «i rappresentanti dell’agricoltura e del secondario si siedano attorno ad un tavolo con l’intenzione di arrivare a decisioni condivise», chiude Valente.
Chi, invece, mette in allerta sui rischi di questa prolungata siccità è il presidente di Confagricoltura: «Se rimarranno solo 8 metri cubi a disposizione dell’agricoltura si rischierà di non poter dare da bere alle campagne e le colture moriranno», dice, senza mezzi termini, Paolo Ferrarese. E aggiunge: «E chiaro che dobbiamo riflettere sulle strategie da attuare alla luce di una siccità che sta diventando permanente». Ferrarese rilancia poi la proposta di nascita di un luogo di confronto dedicato alla gestione delle risorse idriche. «Già il Leb è rimasto chiuso per una settimana e ipotizzare che quest’estate l’acqua possa essere a disposizione solo con il contagocce è motivo di grande apprensione, perché tutta la campagna del basso veronese potrebbe trovarsi m grave sofferenza», dice invece Andrea Lavagnoli della Qa, la Confederazione italiana agricoltori. Proprio per oggi ha convocato una riunione dei soci per fare il punto della situazione e decidere quali sono le azioni da intraprendere. D’altronde, il presidente del consorzio di bonifica Alta pianura veneta Silvio Parise parla addirittura di «crisi idrica strutturale. Tra il 2015 e il 2016, ce la siamo cavata in qualche modo, ma la situazione attuale dimostra che è necessario realizzare importanti interventi infrastrutturali, che permettano di regimare le acque e trattenerle quando c’è carenza», afferma.
Ieri sera, infine, si è riunita in sessione straordinaria l’assemblea dell’altro consorzio che opera nella nostra provincia, il Veronese, per approvare un piano di intervento che prevedeva tagli del 50 per cento dei prelievi d’acqua in tutto il territorio posto a destra dell’Adige. Si tratta di una scelta obbligata dalle disposizioni regionali che al momento, grazie alle basse temperature di questi giorni, è comunque suffi ciente a dare risposta alle esigenze degli agricoltori ma che già dalla prossima settimana, salvo precipitazioni consistenti, potrebbe non bastare. E ora si attendono la pioggia.
L’Arena – 21 aprile 2017