Neanche il fornaio Banderas parla più dei “frollini con tanto burro” e preferisce concentrarsi sulle fette biscottate. Le famiglie felici della pubblicità non hanno più davanti la tazzona colma di latte in cui si scioglievano i biscotti. E i numeri delle vendite nella grande distribuzione decretano il declino inesorabile della colazione caffellatte e merendina. Secondo dati elaborati da Nielsen, in poco più di quattro anni i prodotti classici per la prima colazione, cioè biscotti, merendine, latte, hanno diminuito il loro fatturato del 10 per cento. La rilevazione, iniziata nel 2013 e verificata al febbraio del 2017, indica che la grande distribuzione ha perso in questo settore mezzo miliardo di euro, mentre crescono i cibi salutistici, i cui numeri sono più che raddoppiati.
I dati Nielsen riguardano i modelli di consumo e valutano “panieri” alquanto eterogenei: lo 0,9 per cento in meno nei volumi di vendita e lo 2,4 per cento in meno di valore registrato dal gruppo “prima colazione” include infatti biscotti, merendine, latte, ma anche fette biscottate, cereali, caffè, miele, confetture, mentre nel comparto “salutistico” (+17 per cento di vendite, +15,3 per cento di valore) ci sono prodotti a base di soia, riso e senza glutine.
Ma è incrociando questi valori con altri dati che si manifesta il nuovo tipo di colazione italiana. «Da una indagine qualitativa sul ceto medio condotta a Bologna e Milano» conferma Roberta Sassatelli, sociologa dei consumi e autrice di Fronteggiare
la crisi. Come cambia lo stile di vita del ceto medio (con Santoro M. et al., Il Mulino, 2015) «emerge che di fronte alle difficoltà economiche si cerca di risparmiare sul cibo mantenendo alta la qualità, con un occhio alla salute e un occhio al gusto. Si ricorre più spesso all’autoproduzione (pane fatto in casa, yogurt, torte). Si evitano gli sprechi e il pane non si butta ma si tosta. I dati Nielsen sono indicativi, ma andando nello specifico si scopre che la tendenza è ancor più evidente di quanto rilevato da panieri così eterogenei».
Gli italiani sono tra i consumatori più attenti alla salute e i più informati sul cibo, così al declino di caffellatte e biscotti contribuisce anche la consapevolezza che troppi zuccheri e grassi saturi sono dannosi. «Nella nostra ricerca emerge la riduzione di prodotti pre-confezionati e l’aumento dell’uso di prodotti freschi e di stagione» continua la docente dell’Università statale di Milano. «L’attenzione alla salute, incentivata dalla paura indotta dalle mode alimentari, ad esempio la campagna contro l’olio di palma, implica il ritorno alla semplicità e la riduzione dei grassi saturi contenuti in latte, burro e frollini» Lo scopo, dunque, è duplice: si pensa alla salute e si risparmia, senza dimenticare l’ambiente e le gratificazioni che ci si possono concedere grazie a consumi più oculati. Aumentano, secondo Nielsen, acquisti e spesa per i cibi gourmet (+7,5 per cento di volume e +8,3 per cento di valore), una tendenza che la sociologa spiega così: «Evitare sprechi per il cibo feriale libera risorse per il cibo festivo: il ceto medio riesce a risparmiare per poi andare fuori a cena, a un aperitivo, o per un invito importante con cibi ricercati e costosi.» La nuova colazione, a ben guardare, non è però così lontana dalla tradizione, anzi. Ad allontanarci dal pane tostato e da yogurt e frutta era stato il boom economico degli anni Sessanta, quando ogni mamma ansiosa di dare il meglio al proprio bambino e mostrare la sua modernità si era fatta convincere che la merendina fosse meglio del ciambellone preparato in casa. «La colazione italiana si era modificata molto nel corso del secondo dopoguerra – conferma Sassatelli – e soprattutto dopo gli anni 70, in forza dello sviluppo della larga distribuzione e della disponibilità di prodotti da forno standardizzati e a basso costo. Oggi sembra esserci un ritorno alla tradizione, con pane e marmellata, o miele». La nuova moda che ci vuole tutti chef, insomma, finisce per metterci alla prova anche a colazione.
Repubblica – 19 aprile 2017