Buona parte della provincia veronese, tutta l’area a Sud dell’autostrada Milano-Venezia, più alcuni comuni a Nord, oltre ad una zona del Vicentino, è stata blindata contro l’influenza aviaria. A seguito della scoperta del virus ad alta patogenicità H5N8, in un allevamento di Villabella di San Bonifacio, il ministero della Salute ha emesso un’ordinanza che stabilisce stringenti misure di prevenzione, fra le quali il divieto di accasamento in tutti gli allevamenti di tacchini in ben 73 Comuni, di cui 63 veronesi, ovvero tutti quelli della fascia pedemontana, da Ovest ad Est, della Bassa e di quelli della Val d’Illasi, Val Tramigna e Val d’Alpone. I 10 vicentini, invece, sono quelli dell’area a ridosso del confine con Verona.
Ora che l’Istituto zooprofilattico delle Venezie, centro di referenza nazionale per l’influenza aviaria, ha trovato il quindicesimo focolaio di contagio da che il virus è tornato a manifestarsi nel Nord Italia, vi sono state conseguenze importanti.
In via preventiva sono stati abbattuti i tacchini, tutti giovani, presenti in altri tre allevamenti collegati alla stessa proprietà, uno nella zona sud di San Bonifacio, uno ad Oppeano ed uno ad Isola Rizza, e, soprattutto, sono stati adottati provvedimenti con i quali sono state rese ancora più stringenti le misure di prevenzione che pure erano già state attivate a seguito delle precedenti manifestazioni del virus, come quella di fine marzo a Cazzano di Tramigna. Così, già giovedì pomeriggio, il presidente della Regione, Luca Zaia, ha adottato un’ ordinanza con la quale ha definito le aree di protezione e sorveglianza e stabilito divieti di movimentazione dei volatili ed obblighi di profilassi per tutte le aziende avicole. Quindi venerdì è arrivato il provvedimento ministeriale, che, oltre ad elencare i Comuni che vanno posti sotto osservazione, ha ribadito l’obbligo di censimento di tutto il pollame presente negli allevamenti, ha stabilito che devono essere adottate stringenti misure di biosicurezza ed ha vietato l’arrivo di nuovi tacchini negli allevamenti e lo spostamento, salvo deroghe particolari, di animali fra strutture diverse. «Per quanto riguarda l’origine della malattia scoperta a San Bonifacio, non ci sono ancora i risultati delle analisi sul virus», spiega il dirigente del servizio veterinario dell’ Ulss 9, Fabrizio Cestaro, «però ora è necessario adottare tutte le misure preventive possibili per evitare che il contagio si estenda nell’area più sensibile, perché più densamente popolata di allevamenti, del Veneto».
L’Arena – 16 aprile 2017