Alla vigilia dell’incontro del 19 aprile tra il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, e i rappresentanti delle Regioni sull’ipotesi di abolire i ticket, l’assessore veneto alla Sanità, Luca Coletto, chiede subito la cancellazione di quello di 10 euro sulla specialistica. Che per ogni ricetta si somma ai 36,15 euro di ticket di «base» e che nella nostra regione è stato dimezzato a 5 euro per i redditi inferiori ai 29mila euro. Sono tasse sanitarie nazionali. «Per passare dalle parole ai fatti con decisioni realizzabili senza troppe lungaggini, si deve partire dall’abolizione del superticket nazionale da 10 euro e di tutti quelli regionali che, peraltro, il Veneto non ha mai imposto — spiega Coletto —. Con queste due scelte si possono garantire gli obbiettivi prefissati, cioè venire incontro alle persone meno abbienti; eliminare le disparità di trattamento tra le diverse Regioni, con fughe in avanti come quella della Campania che voleva introdurre il ticket al Pronto Soccorso per gli italiani non residenti in quel territorio; e riportare al pubblico prestazioni diventate più convenienti nel privato. Col risultato di allontanare la gente dal Sistema sanitario nazionale».
Contro il superticket da 10 euro, introdotto il 6 agosto 2011, la Regione aveva presentato ricorso alla Corte Costituzionale, perdendolo. «Mi fa piacere che oggi ci sia accorti che avevamo ragione noi — osserva Coletto — ma questo non è il momento delle polemiche. Bisogna arrivare presto a un accordo, con un tavolo tecnico aperto il minimo necessario e con la consapevolezza di dover trovare il giusto equilibrio tra gli interessi dei cittadini, preminenti, e la sostenibilità del sistema». Oggi i ticket fruttano alle Regioni 3 miliardi di euro — al Veneto 300 milioni —, quindi il ministero sta studiando come poter compensare l’eventuale mancanza di tale gettito. Tra le ipotesi: la possibilità di annullare le detrazioni del 19% per farmaci e spese mediche oltre una certa soglia di reddito; individuare una franchigia in base al reddito, superata la quale le prestazioni sarebbero a pagamento; oppure rivedere le soglie di esenzione (valore 8 miliardi di euro totali), spostandole verso le fasce più deboli, i poveri e gli anziani. O ancora avviare una revisione della spesa sanitaria, affidando la responsabilità della manovra alle singole Regioni, che già amministrano autonomamente il ticket sulla spesa farmaceutica, sulle prestazioni specialistiche e sugli accessi al Pronto soccorso.
«Il mio obiettivo — ha più volte spiegato il ministro Lorenzin — è dare una risposta al 6,5% di italiani che non riesce ad avere accesso alle prestazioni nonostante le riforme messe in campo per ampliare l’offerta di terapie gratuite per gli assistiti. Sono soprattutto anziani, nuovi poveri, famiglie numerose o monoreddito, che fino a pochi anni fa non avevano questi problemi e che oggi pagano il prezzo della crisi economica e rinunciano alle cure perchè non possono sostenere neppure i ticket. Spesso sono invisibili che non riescono a far valere i propri diritti fondamentali». In effetti anche in Veneto, rilevano Regione e Tribunale del Malato, a partire dal 2015 ogni anno si registrano 2,5 milioni di prestazioni specialistiche in meno. La spesa media pro capite annuale per i ticket è di 32 euro secondo il ministero e di 61,6 secondo il Tribunale del Malato. Al quale Coletto ha già risposto: «In Veneto curiamo tanto, più che altrove e ciò significa più analisi, più prestazioni diagnostiche, più visite specialistiche. E quindi il computo totale dei ticket statali riassunto in un numero non analizzato risulta maggiore. Viene da chiedersi come mai altrove la spesa sia molto più bassa e se ciò non sia dovuto alle minori prestazioni erogate, al numero degli assistiti o ai tanti evasori, contro i quali noi abbiamo lanciato una battaglia di legalità vincente».
Michela Nicolussi Moro – Il Corriere del Veneto – 14 aprile