Francesco Grignetti. Mettete che siate mossi a pietà e che decidiate di allungare qualche avanzo di cucina, un osso, magari una ciotola di croccantini economici al cane randagio che vi passa davanti casa. Ecco, attenzione a voi. È intervenuta addirittura la Corte di Cassazione a fissare un principio giuridico che finora non era così chiaro: a prescindere se quel cane sia vostro o no, e inutilmente vi potreste appellare alla questione del microchip, ebbene con quel randagio s’è instaurata una «relazione di detenzione» e perciò ne siete responsabili penalmente e civilmente.
Tutto origina dai guai di un signore di Termini Imerese (Palermo) che ha avuto l’incauta idea di accudire saltuariamente due cani randagi. Il nostro occasionalmente gli dava da mangiare e quelli in cambio gli riservavano allegre feste. Il tutto avveniva dietro il cancello del suo giardino, ma poi i due cani vaganti riprendevano a vagare per il paese. Niente di più. L’uomo non li considerava suoi, tant’è vero che non ha provveduto a farli registrare all’anagrafe canina. E loro, i cani, come da relazione dei vigili urbani del paese, non avevano rinunciato alla loro libertà di senza casa a quattro zampe.
Eppure un brutto giorno, dal solito cancello aperto i due cani hanno intravisto un passante. L’uomo si è preoccupato, forse si è spaventato, ha interrogato il tizio che sembrava esserne il proprietario. «Non tema, non mordono». E invece il morso è scattato. Di qui una paura terribile, l’ira, l’intervento dei vigili urbani e dell’accalappiacani, infine la denuncia alla magistratura.
Il nostro amante dei cani s’è difeso strenuamente davanti al giudice di pace di Termini Imerese. I randagi si erano introdotti del tutto fortuitamente nella sua villetta, e che la responsabilità giuridica sull’operato dei randagi semmai doveva essere del Comune e non sua. Ma è stata una sonora sconfitta. Per il padrone di casa, ma non padrone dei cani, è scattata una multa da 200 euro.
Poteva finire lì. E invece il condannato che non sentiva colpa non ha mollato. Di qui un ricorso in appello. E ancora, non sazio, l’impugnazione in Cassazione. Invano.
La suprema Corte ha ricordato il principio di fondo: «La posizione di garanzia assunta dal detentore di un cane impone l’obbligo di controllare e di custodire l’animale adottando ogni cautela per evitare e prevenire le possibili aggressioni a terzi anche all’interno dell’abitazione».
Ma anche ad allungare una ciotola di croccantini ogni tanto al randagio se ne diventa padroni, con tutto quel che segue? Secondo la Cassazione, sì. «I due cani frequentavano il cortile delimitato della abitazione, trovandovi ivi ricovero e cibo, e rispetto ai quali il ricorrente si era volontariamente assunto la custodia». Perciò multa confermata.
La Stampa – 7 aprile 2017