La procura di Vicenza ha avviato il dissequestro dei terreni della Miteni contaminati da rifiuti nascosti 40 anni fa sotto il torrente Poscola. Antonio Nardone amministratore delegato dell’azienda di Trissino dal 2016 conferma la «piena collaborazione per superare l’emergenza. Però non possiamo diventare l’unico capro espiatorio in Italia». Intervistato da Albino Salmaso su La Nuova Venezia a pagina 14, Nardone ha dichiarato: «abbiamo già investito 2 milioni di euro per bonificare l’area e il bilancio 2016 si è chiuso in perdita. La Miteni, che ha 130 dipendenti e altri 120 nell’indotto, ha cambiato strategia e da sei anni non produce più i Pfas a catena lunga con 8 molecole di carbonio. Produciamo solo quelli a catena corta che non si accumulano nel sangue e ora stiamo potenziando due nuove linee: la farmaceutica e l’elettronica. Le aziende stanno in piedi con i profitti e la fase di terrorismo mediatico e psicologico nei confronti dei dipendenti deve finire».
L’allarme tuttavia resta ancora alto. «Lo so, ho ricevuto il sindaco di Lonigo che ha organizzato la marcia, e mi ha detto: “non voglio nemmeno una molecola di Pfas nella mia acqua perché fanno male”. Bene. Ma esiste lo zero? No. Nella minerale che beviamo ci sono molte sostanze tossiche. Legga l’etichetta: i nitriti sono tossici ma presenti con 0,02 microgrammi e poi c’è l’arsenico con dosi sempre superiori ai nanogrammi dei Pfas. Solo l’acqua distillata ha zero inquinanti. Però fa malissimo, corrode lo stomaco perché non ha il pH giusto». E ai genitori che hanno chiesto che ai loro figli venga data solo la bottiglia di minerale, «dico che sbagliano. L’acqua erogata dagli acquedotti è più sicura e controllata delle minerali. Leggete bene le etichette e lo capirete». (vai alla Fonte)
Vvox – 6 aprile 2017