di Enrico Marro. I referendum — prima quello costituzionale e poi quello sui voucher — hanno decisamente portato bene alla Cgil di Susanna Camusso. Malissimo invece alla Confindustria di Vincenzo Boccia. Ma anche la Cisl, su un altro fronte, quello delle nomine, non può lamentarsi, in particolare per le scelte fatte dal governo sulle Poste, tradizionale feudo del sindacato di Annamaria Furlan. Infine, una ministra e una viceministra, entrambe cresciute nella Cgil, ma renziane, si stanno mettendo sempre più in evidenza e questo non dispiace al sindacato. Valeria Fedeli, a capo dell’Istruzione, ha «intimato» al ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, di mantenere l’impegno sulle assunzioni degli insegnanti; Teresa Bellanova, allo Sviluppo, marca il ministro tecnico Carlo Calenda, cresciuto invece nella Confindustria montezemoliana. Ecco alcuni lampi che illuminano il ritorno sulla scena politica del sindacato. Dato troppo presto per spacciato e invece ancora lì a dire la sua e talvolta a determinare, sorprendentemente, il corso degli eventi.
Il caso dei voucher è il più eclatante. Una vittoria a tavolino concessa dal premier Paolo Gentiloni alla Cgil che aveva promosso il referendum. Facendo invece arrabbiare la Cisl di Annamaria Furlan che si è sentita tradita dopo che per settimane il suo emissario, Gigi Petteni, insieme con quello della Uil, Guglielmo Loy, avevano trattato intensamente a Palazzo Chigi con Marco Leonardi, il consigliere economico di Gentiloni, per arrivare a una riforma che limitasse ma non abolisse i voucher. Furlan che però raccoglie, sul versante delle privatizzazioni, lo scalpo di Francesco Caio, che ha pagato anche lo scontro con i postali della Cisl sul contratto e sul recapito a giorni alterni.
E ora nel mirino del sindacato c’è il presidente dell’Inps, Tito Boeri. La Cgil non gli ha perdonato lo sgambetto sui voucher, quando il professore della Bocconi rivelò che lo Spi, i pensionati Cgil, li usava senza problemi. Le confederazioni gli rimproverano la riforma interna, esplicitamente mossa anche dall’obiettivo di limitare il potere dei sindacati. La Cisl, che con Pietro Iocca ha la presidenza del Civ, il Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’Inps, ha subito un progressivo indebolimento di questo organismo sotto la gestione Boeri e non ha gradito l’estromissione dell’ex direttore generale, Mauro Nori, vicino alla stessa Cisl. Ciliegina finale: il Civ, con il voto compatto dei sindacati, ha bocciato il preventivo 2017. E, udite udite, il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha annunciato che la prossima volta che incontrerà Cgil, Cisl e Uil si parlerà anche della «riforma della governance», cioè di come cambiare gli assetti di potere dell’Inps, perché dice il segretario della Uil, Carmelo Barbagallo, «l’uomo solo al comando non funziona».
Un sindacato che, soprattutto negli apparati romani, sembrava in crisi irreversibile torna quindi in auge. Ma ciò, a ben vedere, accade più per la debolezza del quadro politico e del fronte imprenditoriale, che per meriti suoi. I problemi che i sindacati devono risolvere sono seri. A partire dalla trasparenza sugli iscritti. La Cisl ne ha scoperti 70 mila di troppo solo nella Funzione pubblica. La Uil è finita nella bufera per un’inchiesta che coinvolge anche l’attuale segretario Barbagallo, l’ex Luigi Angeletti, e il leader dei pensionati Romano Bellissima, per una crociera nei mari del Nord. La Cgil, pur non avendo questi problemi, dopo la fine del legame col Pd, dovrebbe essere politicamente più debole, ma è stata aiutata dalla fortuna, a partire dalla vittoria del no il 4 dicembre e dall’uscita di Renzi da Palazzo Chigi. Una finestra destinata però a chiudersi presto. Al più tardi nel 2018, quando finirà anche il mandato di Susanna Camusso.
E così perfino una Cgil in fase precongressuale, come del resto la Cisl e la Uil, può apparire forte. Grazie anche a una Confindustria che vive forse il momento più basso della sua storia nel Dopoguerra, stretta tra lo scandalo del Sole 24 Ore e una presidenza debole. L’ultimo episodio è di questi giorni. Con Boccia che prova a sostenere che un aumento dell’Iva ci potrebbe stare e Renzi che taglia corto: non si farà, Gentiloni è con me.
Il Corriere della Sera – 2 aprile 2017