In materia di Tfr, l’onnicomprensività di tutti gli emolumenti ai fini del calcolo dell’indennità di buonuscita (ai sensi degli articoli 2120 e 2121 codice civile) viene in rilievo, nel settore del pubblico impiego, soltanto in via sussidiaria, nei limiti in cui la materia non sia diversamente regolata da norme speciali. Così il Consiglio di Stato sezione IV sentenza n.909/2017.
Il fatto
Un maresciallo dei carabinieri otteneva la liquidazione dell’indennità di fine servizio, ma impugnava tali atti censurando l’erroneo calcolo effettuato dall’Amministrazione, in quanto non avrebbe computato le somme maturate a titolo di lavoro straordinario e di trattamento economico aggiuntivo relative a prestazioni presso la Direzione investigativa antimafia.
La normativa vigente
L’articolo 2120 comma 2 cc è espressione di un principio di onnicomprensività, in base al quale andrebbero computati, nel calcolo dell’indennità di buonuscita, tutti i compensi che trovano la loro causa nel rapporto di lavoro e siano corrisposti in dipendenza dello stesso.
L’unico parametro rilevante a tal fine consisterebbe nella regolarità e continuità della prestazione lavorativa.
Tali principi sono stati confermati anche in seguito alla novella che ha inciso sul citato articolo 2120 cc, per cui, salvo diversa previsione dei contratti collettivi la retribuzione annua, ai fini del calcolo della buonuscita, comprende tutte le somme, compreso l’equivalente delle prestazioni in natura, corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale e con esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso spese.
L’inapplicabilità dell’articolo 2120 al lavoro pubblico non privatizzato
I principi di cui agli articoli 2120 e 2121 cc non costituiscono espressione di imperativi vincoli costituzionali, e, pertanto, la loro applicabilità al pubblico impiego è ammessa in via sussidiaria e nei limiti in cui la materia non sia diversamente regolata da norme speciali.
Poiché la specifica materia delle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato è disciplinata dal Dpr n. 1032 del 1973, non trova applicazione l’articolo 2120 cc.
In considerazione di tale inapplicabilità, le retribuzioni ricevute in relazioni alle prestazioni di carattere straordinario non rientrano fra quelle di cui all’ articolo 38 Dpr n. 1032 del 1973.
Depone, in tal senso, l’assenza di un’univoca disposizione che consenta di ritenere tali attività lavorative “utili ai fini del trattamento previdenziale”.
Invero, a prescindere dalla necessità della verifica sulla duplice condizione, ai fini dell’affermazione della continuità del lavoro straordinario, della regolarità e della non saltuarietà della prestazione, non esiste una disposizione che consente la computabilità, ai fini del trattamento previdenziale, delle prestazioni straordinarie svolte (ndr. dai Carabinieri ) nel corso della loro carriera.
Né, tantomeno, potrebbe ricavarsi un tale principio dall’applicazione estensiva dell’articolo 2120 cc, non applicabile al pubblico impiego non privatizzato.
La base di calcolo
Non può estendersi, dunque, la base di calcolo dell’indennità di buonuscita a voci retributive (quali il compenso per lavoro straordinario) che, per quanto percepite con regolarità nell’ambito di una particolare fase del rapporto di lavoro, non sono espressamente contemplate dalla legge come utili ai fini della maturazione del rivendicato trattamento.
Pertanto, non tutti gli emolumenti sono idonei all’incremento dell’indennità di fine servizio.
L’anzianità maturata presso l’amministrazione di comando o di distacco vale anche ai fini della progressione economica nell’amministrazione di appartenenza, ma non certo a fissare il diverso principio, derogatorio rispetto alle previsioni generali di cui all’articolo 38 Dpr 1032/1973, secondo cui ogni emolumento aggiuntivo percepito presso la nuova amministrazione debba valere ai fini del computo del Tfr; un principio derogatorio siffatto necessiterebbe, quantomeno, di una opzione normativa ben più chiara ed inequivoca.
Il Sole 24 Ore – 8 marzo 2017