Una tassa per far ripartire i cantieri della Pedemontana. L’ha annunciata ieri il governatore Luca Zaia. Serve uno stanziamento straordinario di 300 milioni di euro. E a coprire l’esborso saranno i contribuenti veneti con l’addizionale regionale Irpef che sarà reintrodotta dal 2018, su tutti i redditi superiori ai 28mila euro con aliquota crescente. In concreto la tassa «peserà» dai 3 ai 78 euro al mese. «L’alternativa era non finire più l’opera» spiega Zaia. Contestualmente spariscono le esenzioni per i residenti ma si abbassano i pedaggi. Le opposizioni insorgono: «Mettete le mani nelle tasche dei veneti
Dunque era vero, come scrisse il Corriere del Veneto il 19 gennaio scorso, che è stata trovata una soluzione per sbloccare la Pedemontana e che Cassa Depositi e Prestiti, dopo una lunga e faticosa trattativa, ha infine acconsentito a garantire il bond indispensabile per chiudere i cantieri che da Montecchio si allungano fino a Spresiano. Ma a che prezzo? Dopo mesi di lavoro matto, disperatissimo e segretissimo del board tecnico capitanato dal segretario della Programmazione Ilaria Bramezza e dall’avvocato dello Stato Marco Corsini, lo ha svelato ieri il governatore Luca Zaia, approdato a sorpresa in consiglio regionale: dopo 8 anni – era il 2009 quando fu abolita – tornerà l’addizionale Irpef, che servirà a ripagare il mutuo che la Regione dovrà accendere, con una rata annua da 16,5 milioni, per concedere ai costruttori del Consorzio Sis un contributo da 300 milioni di euro (che vanno ad aggiungersi ai 615 milioni già sborsati dallo Stato per un’opera che complessivamente costerà 2,2 miliardi). Inoltre, spariranno le esenzioni per i residenti, gli studenti e i pensionati, così da controbilanciare l’abbassamento delle tariffe del 23% per le auto e del 16% per i tir e i camion (il nuovo pedaggio sarà rispettivamente di 0,16 euro e 0,3 euro al chilometro) che si è reso indispensabile per alzare le stime di traffico di Cdp e Bei fino a 27 mila veicoli al giorno – per l’assunto per cui se costerà meno utilizzare la superstrada, la utilizzeranno più persone -. Era l’unico modo per far stare in piedi il Piano economico finanziario dell’opera e procedere così con l’agognato closing bancario, vista la crisi che stanno incontrando tutte le autostrade concepite in project financing, dalla Pedemontana Lombarda alla BreBeMi passando per la Asti-Cuneo.
Zaia, che in questi 8 anni si è sempre fatto un vanto di «non mettere le mani nelle tasche dei veneti», rimarcando che «il Veneto è l’unica Regione in Italia a non applicare l’addizionale Irpef», la spiega così: «L’alternativa alla “tassa di scopo”, perché di questo in effetti si tratta, era non fare la Pedemontana e avvitarsi in una serie infinita di contenziosi milionari. Si doveva trovare una soluzione e l’abbiamo trovata, con senso di responsabilità». L’exit strategy, che ha già avuto il placet degli altri attori coinvolti (la lista è lunga, si va da Palazzo Chigi ai ministeri delle Infrastrutture e dell’Economia, passando per Cdp, Bei, Anac e Corte dei conti) attende ora il decisivo via libera del consiglio, chiamato ad approvare in tempi brevi la modifica al Documento di economia e finanza 2017-2019 e l’accensione del mutuo con Cdp, con conseguente reintroduzione dell’addizionale Irpef che, assicura il governatore, sarà «temporanea, prudenziale e modificabile». Nel frattempo, però, quella è: aliquota base all’1,23%, senza maggiorazioni fino a 28 mila euro e un più 1,6% fino a 55 mila euro, 2% fino a 75 mila euro, 2,1% oltre 75 mila euro (con aliquota agevolata allo 0,9% per i disabili o i soggetti con a carico un disabile e un reddito non superiore a 45 mila euro). Tradotto, per finire la Pedemontana i veneti dovranno sborsare dal primo gennaio 2018 un contributo mensile da 3 a 78 euro. «La nostra imposizione resta comunque tra le più basse in Italia – precisa Zaia – e con l’addizionale modulata in questo modo saranno coinvolti solo 622 mila veneti». Che, in buona sostanza, pagheranno la Pedemontana due volte: con l’addizionale e col pedaggio.
A questo punto si dirà: ma Sis ci rimetterà pur qualcosa, o no? La risposta è 6,7 miliardi perché l’intesa chiusa con la Regione prevede che sia quest’ultima a incassare i pedaggi, e non più il consorzio di costruzione, che riceverà soltanto il canone di disponibilità. In sintesi: ieri Sis incassava i pedaggi più un canone di 29 milioni l’anno per 15 anni (totale per 39 anni di concessione: 18,8 miliardi); domani incasserà solo il canone, alzato a 153 milioni l’anno, per un totale di 12,1 miliardi in 39 anni, a fronte di incassi da pedaggio che la Regione stima in 13,2 miliardi (Palazzo Balbi conta quindi di guadagnare a fine operazione un miliardo). Ovviamente viene a cadere la celeberrima «clausola di garanzia» prevista a carico della Regione in caso di traffico scarso, che secondo i tecnici avrebbe potuto portare in 39 anni ad un salasso da 9,5 miliardi: «In buona sostanza, la Regione sarebbe andata in default. Col canone, invece, sappiamo sin d’ora quanto pagheremo ogni anno». E su quello si farà leva anche per applicare eventuali penali nel caso in cui il costruttore non garantisca adeguati standard di qualità (tradotto: buche e malanni vari). «Resta il fatto – conclude Zaia – che un’opera di questa entità non si sarebbe mai potuto realizzare soltanto con capitale pubblico».
Sis avrà 8 mesi dal via libera del consiglio per ottenere il closing bancario (viceversa ci sarà la rescissione del contratto) e Cdp ha già promesso che sottoscriverà una quota del bond di Jp Morgan, che per effetto del nuovo accordo scende da 1,6 a 1,15 miliardi. La fine dei cantieri è (ri)aggiornata al 2020.
Il Corriere del Veneto – 8 marzo 2017