Certo vanno tenuti nel giusto conto i rimborsi spese esentasse, di cui qualcuno furbescamente approfitta (in Calabria, per dire, sono superiori all’indennità, che invece viene tassata come qualsiasi altro stipendio: 6.000 euro contro 5.100). E vanno considerate le mille postille sui ristori chilometrici aggiuntivi, gli aumenti Istat, i gettoni per la presenza in aula.
Ma una volta messi in fila i numeri, la calcolatrice non mente: nel Veneto virtuoso, molto spesso abituato a dar lezioni a destra e a manca, i consiglieri regionali sono tra i più pagati d’Italia; meglio che qui se la passano – di poco, pochissimo, soltanto 44 euro – soltanto nel Lazio. Almeno a leggere la tabellina riassuntiva stilata dagli uffici in vista della nuova legge per la riduzione dei costi della politica su cui si è messa al lavoro la sub-commissione Affari istituzionali.
La attende un lavoro complesso, dovendo far sintesi di sei proposte diverse arrivate dal governatore Zaia, dalla Lega, dal Pd, dai Cinque Stelle (due) e da un gruppo di agguerriti cittadini (il comitato Zero Privilegi), che a vario modo vorrebbero intervenire sulle indennità, il trattamento di fine mandato e i vitalizi. Il presidente Marino Finozzi avverte: «Ci vorranno mesi per arrivare ad un testo ben fatto tecnicamente e condiviso politicamente perché non vogliamo sia uno spot. Tutti i partiti sono convinti della necessità di agire con effetti concreti già da questa legislatura, possibilmente senza incappare in ricorsi e impugnazioni».
Una domanda, però, resta nell’aria: ma i consiglieri veneti non si erano già tagliati lo stipendio nella scorsa legislatura? Com’è che risultano ancora tra i più pagati? Forse non avevano sforbiciato abbastanza? «Premesso che per quanto si tagli non è mai abbastanza, perché i cittadini vorrebbero che la politica si facesse gratis, noi ci siamo adeguati ai tetti stabiliti a livello nazionale dall’assemblea dei consigli regionali, dopo un’estenuante trattativa e un decreto del governo Monti – ricorda l’ex presidente dell’assemblea Valdo Ruffato -. E dunque 13.800 euro per i presidenti di giunta e consiglio, 11.100 euro per i consiglieri senza altre cariche: siamo stati i primi in Italia ad adeguarci. Può essere che poi alcune Regioni abbiano deciso di abbassare ulteriormente queste soglie ma ricordo che in Veneto, all’epoca, avevamo già abolito i vitalizi ed eravamo intervenuti su una miriade di voci extra di cui negli anni avevano goduto i nostri predecessori». Quanto ai vitalizi, va precisato che sono stati aboliti (con passaggio al regime contributivo) da questa legislatura; il Movimento Cinque Stelle, però, preme per riaprire la partita pure su quelli passati, andando allo scontro con gli ex consiglieri cui ad oggi è stato fatto digerire molto faticosamente solo un contributo di solidarietà fino al 15% (il M5s voleva finanziare con le pensioni d’oro il referendum sull’autonomia: idea bocciata). Si vedrà come andrà a finire, la querelle sui «diritti quesiti» si trascina da lungo tempo.
Ma come vanno le cose nelle Regioni vicine? In Lombardia, che conta il doppio degli abitanti del Veneto, gli stipendi sono leggermente più bassi e questo, spiega il presidente Raffaele Cattaneo, perché nel 2013 «tutti capigruppo decisero di dare un segnale abbassando ulteriormente i limiti stabiliti dal governo Monti e dalla Conferenza dei presidenti. Una scelta politica giusta, dettata dal clima nel Paese, anche se personalmente ritengo che il “mestiere della politica” debba essere remunerato adeguatamente perché comporta grandi responsabilità». Perfino più parsimoniosi sono stati in Emilia Romagna dove nel 2015 fu anticipata la misura di equiparazione dello stipendio dei consiglieri con quello del sindaco del capoluogo di Regione contenuta nel referendum costituzionale poi bocciato il 4 dicembre scorso. «Anzi, a volerla dire tutta guadagniamo meno del sindaco di Bologna – racconta la presidente Simonetta Saliera – e non parlo dei consiglieri “semplici” ma anche della sottoscritta. E il sindaco percepisce pure il trattamento di fine mandato, che noi invece abbiamo abolito del tutto». Chissà se seguiranno l’esempio anche qui, nel Veneto virtuoso.
Il Corriere del Veneto – 5 marzo 2017