Eugenio Marzotto II documento è datato Padova 31 agosto 2016. E in quella lunga e dettagliata relazione che il Ser (Servizio regionale epidemiologico) analizza in maniera scientifica gli effetti dei Pfas-Pfoa e le malattie che ne potrebbero conseguire, dopo un’analisi esplorativa – si legge – a livello comunale sulle orchiectomie per tumore al testicolo.
Ed è tra quelle pagine che si dichiara come nei 21 Comuni analizzati non ci sia un eccesso di asportazioni del testicolo per cause tumorali, tranne che per i residenti di Lonigo. «Un eccesso significativo – si legge nel documento di un anno fa – che richiede ulteriori approfondimenti». Si tratta di uno dei passaggi chiave della relazione che lo stesso sindaco di Lonigo, Luca Restello tiene sulla scrivania, uno dei passaggi che lo ha visto costretto a chiedere a Regione e Governo il disastro ambientale per il suo Comune e altri otto tra l’area berica e la bassa veronese. Anche perché gli studi scientifici non escludono che esista una relazione tra la concentrazione di perfluorati e il tu more ai testicoli. Ma non è tutto, considerato che sempre a Lonigo è stato registrato un aumento sospetto di casi di tiroide, tanto che gli stessi medici di base stanno consigliando ai pazienti degli screening ad hoc visto l’aumento sospetto di questa patologia. Risale così ad un anno fa la ricognizione del Ser che avverte la direzione prevenzione, sicurezza alimentare e veterinaria della Regione dei rischi che derivano dall’acqua inquinata. Del resto i risultati che la Regione aveva già ottenuto prima del documento dell’agosto scorso imponevano una sorta di stato di allerta, ed è così che il Ser già un anno fa consigliava di interrompere a scopo cautelativo l’utilizzo di acqua potabile in pozzi privati. Lonigo dunque rischia di essere considerata come l’epicentro di un’emergenza dalle conseguenze incalcolabili. Anche perché attualmente 19 su 21 Comuni interessati dai Pfas vengono approvvigionati dalle centrale di Madonna di Lonigo (gestita da Acque Veronesi). Un allarme a cui due giorni fa ha risposto anche il sindaco di Arzignano Giorgio Gentilin, questa volta in qualità di presidente del Consiglio di Bacino che ha ricordato come la procura abbia avviato un’indagine e che i sindaci si attiveranno non appena finita l’inchiesta sui Pfas. «In conclusione – ha dichiarato Gentilin – crediamo che il Consiglio di Bacino in rappresentanza dei comuni ad esso afferenti già da tre anni, si siano attivati per tutelare la salute dei cittadini e far valere le loro ragioni nelle sedi istituzionali competenti. Assicuro che continueremo a farlo nella maniera più decisa e concreta possibile». Una dichiarazione che si smarca dunque dall’attivismo di Restello in attesa di nuovi sviluppi. Ma è dai cittadini che intanto si alza la protesta, come quella dell’allevatore Eugenio Rigodanzo i cui campi confinano con l’area del depuratore di Madonna, per scoprire come enormi sacchi bianchi che contengono gli scarti dei filtri a carboni attivi siano abbandonati da mesi. « Sono mesi che li vedo qui – racconta Rigodanzo – sacchi inquinanti utilizzati per filtrare l’acqua piena di Pfas». Questa la versione dell’allevatore in prima linea da tempo sulla lotta ai Pfas, mentre i sacchi restano lì tra il verde della campagne del basso vicentino senza un perché
Il Giornale di Vicena – 5 marzo 2017