Con lo «scambio di vedute» tra ministri Ue in agenda lunedì a Bruxelles si apre formalmente il negoziato europeo per l’ennesima riforma della Politica agricola comune. Almeno a livello intergovernativo, visto che la Commissione ha già avviato una consultazione pubblica sul tema in vista della Comunicazione ufficiale prevista entro l’anno.
La variabile dominante della riforma resta, ovviamente, il budget: le regole da seguire dopo il 2020 dovranno infatti tenere conto delle proposte sul prossimo quadro finanziario dell’Unione, che rischia oggi più che mai pesanti correzioni al ribasso. A partire dall’agricoltura, che con quasi 60 miliardi di sussidi annui garantiti dalla Pac attuale vale il 40% circa dell’intera posta (un paio di decenni fa arrivava al 70%). Intanto è già partita una rinazionalizzazione strisciante nella gestione degli aiuti.
Le linee guida della riforma saranno la tutela dei redditi agricoli attraverso nuove misure di gestione dei mercati, per ridurre l’impatto della volatilità dei prezzi, e la valorizzazione del ruolo del settore nella lotta ai cambiamenti climatici. Tra le ipotesi più accreditate c’è anche quella di un consistente travaso di risorse dal primo al secondo pilastro della Pac, vale a dire meno aiuti diretti al reddito e più fondi per i programmi di sviluppo rurale, ai quali potrebbe essere affidato anche il compito di contrastare l’instabilità dei mercati agricoli con interventi legati alla variazione dei prezzi e dei costi di produzione. Una prima conferma in questa direzione è arrivata nei giorni scorsi dall’intervento del commissario Ue, Phil Hogan, al Salone dell’agricoltura di Parigi, dove il rappresentante dell’Esecutivo Ue ha escluso il ricorso al «modello Farm Bill», pure invocato da molti, vale a dire il ricorso a un sistema simile a quello in vigore negli Usa, basato su polizze assicurative agevolate. Hogan, rimarcando la specificità del modello europeo (con aziende mediamente molto più piccole, soprattutto nel Sud Europa), ha insistito sulla necessità di nuovi strumenti per limitare l’impatto della volatilità dei prezzi agricoli, distinti però settore per settore. Mentre gli aiuti diretti potrebbero essere ulteriormente spalmati con un premio forfettario secondo la logica già introdotta con la riforma 2013. Una logica che in Italia ha fortemente penalizzato alcuni settori prima garantiti proprio dagli aiuti specifici della Pac. Come il riso, penalizzato anche dalla rimozione dei dazi e per il quale l’Italia tornerà proprio lunedì a chiedere il ripristino delle barriere dopo il boom delle importazioni degli ultimi anni.
Non si parlerà invece della riforma del biologico, anche se a Bruxelles circola una bozza di compromesso della presidenza maltese che spera di superare i nodi su controlli all’import e uso dei pesticidi. In caso contrario la Commissione, dopo un negoziato che va avanti da oltre due anni, potrebbe decidere di ritirare definitivamente la proposta.
Alessio Romeo – Il Sole 24 Ore – 5 marzo 2017