Franco Pepe. Nuovo capitolo Pfas targato Ulss. Accanto agli screening per la popolazione, arriva il monitoraggio delle acque di abbeverata, per la produzione di alimenti e ad uso irriguo. L’Ulss 8 continua il programma di controlli per verificare la presenza e gli eventuali effetti su persone e alimenti dei perfluoro-alchilici, le sostanze di produzione industriale che, nell’arco di 30 anni, hanno inquinato il suolo e le acque di una grossa fetta dell’Ovest vicentino, irradiandosi nelle province di Verona, Padova e Treviso, fino a contaminare una superficie di 180 chilometri quadrati abitata da 350 mila persone.
Come abbiamo scritto nei giorni scorsi sono iniziati all’ospedale di Lonigo i prelievi che interesseranno quasi 85 mila persone comprese tra i 14 ed i 65 anni che vivo no nelle zone interessate dai veleni scaricati nelle falde per valutare le conseguenze delle esposizioni ai Pfas sulla salute e individuare i comportamenti a rischio per le malattie croniche degenerative. Oltre al piano di sorveglianza sulle persone, è partito, in parallelo, anche il piano di campionamento per il monitoraggio delle acque per accertare fino a che punto queste sostanze abbiano fatto male all’ambiente. Questa azione di controllo, condotta dai tecnici dell’Ulss Berica in sintonia con gli esperti dell’Arpav regionale, è rivolta ai prodotti agricoli e, pertanto, alle aziende rurali che operano in quella che è stata definita “Area rossa”, vale a dire il territorio di massimo impatto sanitario in relazione alla diffusione e ai danni provocati dai Pfas. Trecento le aziende che dispongono di pozzi privati nei Comuni a rischio delle ex Uiss 6 e 5, che hanno già messo in atto misure di auto-controllo, e sono state censite. Una ventina, finora, le situazioni fuori-regola emerse, e i titolari si sono già mobilitati per trovare “rimedi” con cui riportare acqua pulita nei loro pozzi. In alcuni casi, anzi, i valori dell’acqua sono rientrati nella norma, ma restano delle realtà da sanare. Per questo due giorni fa, a Noventa una prima riunione “collaborativa”. Da una parte Stefano Ferrarini, capo dei veterinari della Berica che lavorano nel campo degli alimenti di origine animale. Dall’altra dieci aziende per le quali i risultati degli esami hanno suggerito l’opportunità di assumere misure cautelative. E proprio per loro sono state concordate, in pieno accordo, soluzioni che dovrebbero normalizzare presto i valori e riportare l’acqua dei pozzi entro i parametri di qualità prescritti dalla normativa. Alcune aziende si allacceranno alla rete dell’acquedotto, già garantita dai filtri installati dal gestore, mentre altre effettueranno lavori di scavo con l’obiettivo di pescare l’acqua ad un livello molto più profondo. Ora, i controlli, con il supporto dei tecnici dell’UIss
IL Giornale di Vicenza – 26 febbraio 2017