Il Veneto voterà. Il referendum sull’autonomia si farà. L’ultimo ostacolo burocratico è caduto ieri, insieme a quel che restava delle resistenze del Pd. Il treno è lanciato (i più promettono verso un radioso avvenire) e alla guida della locomotiva c’è il governatore Luca Zaia, che assume su di sé una responsabilità enorme, alimentata da aspettative perfino più grandi: il consiglio regionale, di fatto, gli ha consegnato una cambiale in bianco, perché sotto il quesito «vuoi che alla Regione del Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia?» ci può stare di tutto, come niente. Si vedrà come andrà a finire, un passo dopo l’altro, perché come ama ripetere Zaia «non era mai accaduto nulla di simile dal 1948 ad oggi».
La legge che elimina la necessità di un’intesa col governo (mai neppure abbozzata perché le parti sembrano i protagonisti di «Non guardarmi: non ti sento»), supera l’impasse sull’election day (che la Regione continuerà comunque a chiedere, fino a che il ministero dell’Interno non avrà fissato la data delle elezioni amministrative; in ogni caso si voterà di domenica, dalle 7 alle 23), precisa la dotazione finanziaria (14 milioni confermati) e regolamenta la «corretta comunicazione istituzionale» durante la campagna referendaria, è stata approvata con 38 voti a favore (Lista Zaia, Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia, Siamo Veneto, i «tosiani» e il Movimento Cinque Stelle), 1 solo contrario (il dem Graziano Azzalin), 8 astenuti (il Pd più Cristina Guarda della Lista Moretti) e 2 non votanti nonostante fossero presenti in aula (il dem – sulla via della scissione – Piero Ruzzante e la pentastellata Patrizia Bartelle). I dati politici, dunque, sono due: il primo, il più scontato visto che si era già registrato in tutti i passaggi precedenti, è l’ampia maggioranza a sostegno del referendum, col rinforzo degli alfieri di Grillo; il secondo, meno banale, riguarda la spaccatura del Pd, con la maggioranza del gruppo che ha optato per l’astensione dopo l’accoglimento di alcune istanze, provando così a uscire dal cul-de-sac in cui si era infilata, e i due consiglieri che più hanno dato battaglia, Azzalin e Ruzzante, a chiamarsi fuori, controcorrente. Va sottolineato, a riprova della confusione, anche il voto «convintamente a favore» di Pietro Dalla Libera, consigliere eletto sotto la bandiera della Moretti. Duro, in particolare, Azzalin che dopo aver attaccato Zaia («Stiamo pagando la sua campagna elettorale») se l’è presa con i colleghi: «Il mio dissenso riguarda il referendum ma più in generale il ruolo politico che vogliamo interpretare in questa regione. Questo è un voto politico e io ritengo d’essere in linea col mio governo, che con Renzi definì la consultazione inutile e costosa e col sottosegretario Bressa un’autentica truffa».
Di «truffa» ha parlato anche Alessandra Moretti, di «inganno» il capogruppo del Pd Stefano Fracasso, che però poi ha spiegato così l’astensione dei suoi: «Non vogliamo essere d’ostacolo alla possibilità che i veneti si esprimano e pensiamo d’essere riusciti a fare chiarezza su alcuni punti opachi, primo fra tutti i costi». Per la prima volta, in effetti, il vice governatore con delega al Bilancio Gianluca Forcolin ha esplicitato le voci dei celeberrimi 14 milioni, replicando ad Azzalin che sosteneva non si andasse oltre i 5,5 milioni: «Ci siamo basati sui dati del referendum sui buoni scuola del 2002. Dunque 10 milioni 971 mila euro vanno ai Comuni per l’allestimento dei seggi; 573 mila per la stampa delle schede; 150 mila di convenzione con le prefetture; 88 mila per i trasporti; 166 mila per il sistema informatico; 96 mila per la raccolta dati e 15 mila per la Corte d’Appello». L’altro punto su cui il Pd è riuscito a strappare un sì dalla maggioranza è il passaggio in commissione Affari istituzionali, con audizione del Corecom, l’authority delle comunicazioni, del piano che sarà messo a punto dalla giunta per informare i veneti sull’evento (sono forti i timori tra i dem che tutto si trasformi in un mega spot a Zaia e alla Lega). Si discute, infine, della costituzione della commissione di garanzia prevista dallo Statuto – viceversa per Ruzzante il referendum potrebbe essere impugnato – e della trasmissione al consiglio del dossier Antonini sulle competenze da trattare col governo nella «Fase due». «Vogliamo che i veneti conoscano le conseguenze del voto che esprimeranno» ha detto Fracasso.
Entusiasta, ovviamente, la maggioranza («Giornata storica» è stata l’espressione più utilizzata) e Zaia, soddisfattissimo, assicura: «Macché premier, la mia missione è conquistare l’autonomia del Veneto. Nell’arco di poche settimane fisserò la data del referendum, voglio celebrarlo entro l’estate, al più tardi in autunno. Saranno le fondamenta della casa dell’autonomia. Il giorno dopo avvierò la trattativa col governo: vogliamo tutte le materie degli articoli 116 e 117 della Costituzione e i soldi necessari a realizzarle. Diventeremo come Trento e Bolzano, ve lo prometto».
Marco Bonet – Il Corriere del Veneto – 22 febbraio 2017