L’intervento sulle accise e la misura del conto da presentare ai ministeri dominano le riunioni che in questi giorni stanno impegnando i tecnici dell’Economia in vista delle misure di aggiustamento dei conti chieste dall’Europa.
A Bruxelles, intanto, nelle valutazioni della commissione sui conti italiani è entrata anche la lettera inviata martedì dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan per chiedere il via libera all’estensione dello split payment e alla sua applicazione fino al 2020. Il dossier tecnico è in via di limatura, ma sulla sua versione definitiva pesa ancora qualche variabile. La prima è legata all’entità effettiva dei ritocchi alle accise che rappresentano la mossa-chiave nel primo tempo della correzione, e sono chiamate a portare in cassa quest’anno fino a 1,5 miliardi (si veda Il Sole 24 Ore di ieri). La calibratura dei rincari da applicare alla benzina (le ipotesi parlano di aumenti fino a 2 punti) e alle sigarette dipende dalla tempistica del decreto, perché raccogliere 1,5 miliardi in dieci mesi o in otto non è la stessa cosa, ma anche dalla possibilità di raccogliere una frazione di questa cifra per altra via.
La lettera sullo split payment mandata a Bruxelles l’altro ieri cita anche «altre tassazioni indirette»: in un panorama che per il momento esclude espressamente aumenti delle aliquote Iva, le opzioni alternative si limitano a interventi su imposte come il registro o il bollo. Nella valutazione dei tecnici sono entrati anche questi aspetti, che numeri alla mano non sembrano però più di tanto promettenti perché il rapporto fra la complessità tecnica e la possibilità di raccogliere risorse sufficienti pende decisamente a favore della prima.
Toccherà alle accise quindi il grosso del lavoro nella prima fase, affiancate dal capitolo tagli; gli 800 milioni circa messi in conto alla razionalizzazione della spesa arriveranno prevalentemente da una stretta di tipo “semi-lineare”, articolata cioè in base anche alla delicatezza della spesa in gioco, che si applicherà sulle amministrazioni centrali a partire dai ministeri: non tutti, però, perché la selezione in corso dovrebbe “salvare” le voci politicamente più sensibili.
Ma nemmeno questa partita è semplice, come ha ricordato ancora ieri l’ex mister spending review Carlo Cottarelli, oggi tornato come direttore al Fondo monetario internazionale: «Qualcosa si è fatto – ha spiegato in mattinata ospite della Rai – ma quando si cerca di tagliare c’è sempre qualche lobby che interviene». A completare la voce «tagli», nel programma del governo messo nero su bianco da Padoan, c’è poi il mini-pacchetto degli interventi su alcuni crediti d’imposta settoriali chiamato a raccogliere 100-150 milioni: anche in questo caso il lavoro di selezione da parte del Mef è in corso, ma è probabile che le forbici non si applicheranno a settori come l’autotrasporto per evitare ricadute politiche troppo pesanti.
Ma le incognite politiche si intensificano in realtà su tutto l’impianto dell’aggiustamento, anche dalle parti del Pd dopo che già nei giorni scorsi dal leader di Ncd Angelino Alfano era arrivato un «no» alla prospettiva di un aumento della pressione fiscale. E ieri l’impegno del governo «a ridurre le tasse e a scongiurare aumenti delle accise su tabacchi e carburanti» è stato chiesto da una mozione presentata da Edoardo Fanucci, giovane deputato toscano del Partito Democratico.
Anche questi fattori incidono ovviamente sul calendario per la correzione, mentre si continua a lavorare a una costruzione in due tempi con un primo provvedimento prima del Def.
In questa prospettiva, le misure su accise e tagli di spesa potrebbero arrivare tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo, rimandando ad aprile, in contemporanea con il Def, il pacchetto anti-evasione che dovrebbe valere un miliardo di euro.
Marco Rogari e Gianni Trovati – IL Sole 24 Ore – 9 febbraio 2017