Il digestivo Antonetto e la Dolce Euchessina entrano nel portafoglio della Chiesi farmaceutici, la multinazionale di Parma con 1,55 miliardi di ricavi. Per ora si tratta di un accordo di distribuzione firmato in esclusiva con la famiglia Antonetto di Torino, proprietaria degli storici marchi, che consentirà al gruppo presieduto da Alberto Chiesi di entrare nel mercato degli integratori nutrizionali e di rafforzare la presenza sul banco delle farmacie. Ma l’intesa è destinata a spingersi oltre.
Già, perché di fatto le due aziende familiari nei giorni scorsi hanno gettato le basi per un’alleanza più stretta che dovrebbe condurre a un riassetto azionario dell’antica azienda di chimici e farmacisti torinesi, resa famosa dai manifesti firmati da Armando Testa negli anni Sessanta e dal Carosello con Nicola Arigliano.
Da una parte c’è la Chiesi, 80 anni di storia, arrivata a raccogliere l’83% del fatturato sui mercati internazionali. Nell’ultimo biennio ha investito oltre 400 milioni per crescere tra Stati Uniti e Inghilterra nella neonatologia, malattie rare e nell’area respiratoria dove il gruppo è il numero uno al mondo. Ma Parma guarda anche all’Italia dove 500 ricercatori (oltre la metà donne) lavorano per l’innovazione del gruppo che ha 223 famiglie di brevetti (e quest’anno investirà 385 milioni in ricerca e sviluppo). Chiesi ha incontrato l’imprenditore Marco Antonetto, terza generazione dell’azienda fondata cento anni fa che cercava un partner con una forte rete di distribuzione. «Abbiamo unito due marchi storici e due famiglie con una lunga tradizione e che ora collaborano. Con questo accordo l’azienda torinese resta in Italia e noi magari riusciremo a farla crescere anche all’estero» — racconta l’imprenditore parmigiano, chimico e farmacista di formazione — «Siamo ormai un gruppo internazionale ma le nostre radici sono in Italia. Le aziende devono essere responsabili e restituire risorse alla propria città e al Paese in cui sono nate».
Il fronte internazionale resta però sempre aperto. «No n vogliamo diventare grandi per forza, piuttosto puntiamo a essere tra i primi due al mondo nelle nostre aree terapeutiche — spiega Chiesi —. I grandi merger? La corsa alla taglia a tutti i costi rischia di diluire gli sforzi e non produrre efficienza. Siamo aperti ad acquisizioni in Italia, anche di attività o marchi da multinazionali».
Adesso il faro è acceso sulla neonatologia e le terapie per malattie acute in Cina e Sud Est asiatico, in attesa che si chiariscano i piani del presidente Donald Trump negli Stati Uniti. «Il Nord America vale circa 300 milioni di ricavi dopo l’acquisto di Cornerstone therapeutics e di un portafoglio di farmaci da The Med company. Non abbiamo debiti e produciamo circa 400 milioni di margini, continueremo a investire», spiega Ugo Di Francesco, l’amministratore delegato, ex Novartis e Bristol Meyrs-Squibb, al quale la famiglia di Parma ha affidato la gestione cinque anni fa. «Abbiamo fatto un patto di famiglia che prevede di affidare la guida dell’azienda a un manager esterno. Sono regole condivise per il futuro e per il passaggio generazionale. Proprio ora ragioniamo su come integrarle per assicurare sempre più stabilità al gruppo in prospettiva — racconta Chiesi, seconda generazione al timone a fianco del fratello Paolo, vice presidente, con i loro figli Alessandro, Andrea, Maria Paola e Giacomo, tutti in azienda —. Prima di Natale abbiamo riunito la famiglia, anche i nipoti più piccoli, per spiegare loro che cosa fa l’azienda e trasmettere interesse, passione alle prossime generazioni. Assieme definiremo gli accordi per chi sceglierà di lavorare in futuro nel gruppo. Gli altri, con inclinazioni differenti, parteciperanno al consiglio di famiglia. Stiamo aspettando le loro “manifestazioni di interesse”, per il bene della società. Qui comunque non ci sono padroni, siamo una comunità fatta di 5 mila persone nel mondo».
Gli occhi, intanto, sono puntati a Bruxelles dove Di Francesco ha battuto in velocità la Glaxo — principale concorrente sui mercati — depositando per primo alla European Medicines agency la richiesta di approvazione di un prodotto Chiesi per le malattie respiratorie che per la prima volta combina tre principi. Mentre nel laboratorio francese di Blois i Chiesi si esercitano oltre l’Industria 4.0 con una linea di produzione automatizzata sulla quale possono intervenire per gli ordini o la manutenzione dai centri del gruppo in Europa. Il sogno è collegare i dispositivi del paziente per le inalazioni a laboratori e medici. La tecnologia lo consente già.
Daniela Polizzi – Il Corriere della Sera – 9 febbraio 2017