Il governo vuole recuperare i 3,4 miliardi chiesti dalla Ue agendo per tre quarti sulla leva delle nuove entrate: nel mirino bolli e accise su sigarette e benzina. Ma gli artigiani calcolano che agendo su distorsioni quali sprechi nella sanità e misure per i poveri che finiscono ai ricchi, si potrebbe fare meglio
In tempi di correzioni ai conti pubblici, con tagli alle spese e limature fisclai in vista per limare il disavanzo di 3,4 miliardi come chiesto dalla Ue, la Cgia di Mestre fa presente che basterebbero alcuni accorgimenti di buon senso per recuperare cifre ben più ingenti senza andare a introdurre odiosi balzelli. Tra gli sprechi nella sanità, le misure di contrasto alla povertà percepite da famiglie abbienti e la quota di spesa pubblica indebita denunciata dalla Guardia di Finanza, l’Ufficio studi dell’associazione di Mestre ha stimato in 16 miliardi di euro all’anno le uscite che la pubblica amministrazione italiana potrebbe risparmiare se funzionasse meglio. Se, inoltre, si potesse quantificare anche la spesa riconducibile ai falsi invalidi, a quella riferita a chi percepisce deduzioni fiscali non dovute o alla cattiva gestione del patrimonio immobiliare, molto probabilmente lo Stato potrebbe risparmiare, per la Cgia, altrettanti milioni di euro.
Una montagna, quella degli sprechi della Pa, che, secondo la Cgia, assume una dimensione ancor più preoccupante se si tiene conto dei dati forniti dal Fondo monetario internazionale. Se la Pa, ha rilevato nei mesi scorsi, avesse in tutta Italia la stessa qualità nella scuola, nei trasporti, nella sanità, nella giustizia, che ha nei migliori territori del Paese, il Pil aumenterebbe di 2 punti (oltre 30 miliardi all’anno).
“Dopo aver approvato in fretta e furia una legge di Bilancio molto generosa sul fronte delle uscite – dice il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo – ora, dopo la richiesta da parte dell’Ue di correggere i nostri conti pubblici per 3,4 miliardi, il Governo decide di recuperarli agendo soprattutto sul fronte delle entrate”. Il programma inviato a Bruxelles prevede infatti un mix di un quarto di tagli e tre quarti di nuove entrate. “Non sarebbe il caso, invece, di intervenire in misura più aggressiva nei confronti della spesa pubblica improduttiva che risulta avere ancora dimensioni molto preoccupanti?”, dice l’associazione. Pur riconoscendo gli sforzi fatti dagli ultimi esecutivi sul fronte della spending review, gli artigiani pensano “che sarebbe sbagliato recuperare una buona parte dello 0,2% di taglio del deficit/Pil richiestoci da Bruxelles aumentando, ad esempio, le accise sui carburanti”. “Ricordo – conclude il segretario della Cgia Renato Mason – che l’80 per cento circa delle merci italiane viaggia su gomma. E’ vero che grazie al rimborso delle accise gli autotrasportatori, solo quelli con mezzi sopra i 35 quintali, possono recuperare una parte degli aumenti fiscali che subiscono alla pompa. Tuttavia, nel caso scattassero gli incrementi di accisa, potrebbero verificarsi dei rincari dei prodotti che troviamo sugli scaffali dei negozi e dei supermercati del tutto ingiustificati, penalizzando soprattutto le famiglie a basso reddito”. Rammentando che la nostra spesa pubblica annua ammonta a 830 miliardi di euro circa, “i 3,4 miliardi di correzione del deficit richiestoci incide per lo 0,4%: un’inezia che auspichiamo possa essere risolta attraverso una contrazione degli sprechi e degli sperperi presenti nella nostra Pa”.
Repubblica – 5 febbraio 2017