Comincia la caccia ai 3,4 miliardi per far fronte alla manovra bis e mettere a punto il pacchetto di provvedimenti che scatteranno in primavera, entro aprile. Occhi puntati soprattutto sull’aumento delle tasse: benzina, sigarette, alcolici, birra, bolli, imposte ipotecarie e catastali. Nulla resta fuori dallo scrutinio dei tecnici che hanno il compito di recuperare dalle entrate 1,5 miliardi, 1 dalla lotta all’evasione e di fare 8-900 milioni di tagli.
Dopo le precisazioni di Padoan al Senato e il via libera di Valdis Dombrovskis (vice presidente della Commissione Ue) da Malta, i motori sono accesi. La cifra è nota, come pure il mix di interventi. Si tratterà di un quarto di tagli alla spesa per consumi intermedi dello Stato, in pratica una sforbiciata «selettiva» alla spesa dei ministeri, per un totale di 8-900 milioni. La parte più sostanziosa riguarda tuttavia i rimanenti tre quarti della manovra, pari a circa 2,5 miliardi: 1,5 miliardo verrà dall’aumento di accise e imposte indirette e 1 miliardo dalla lotta all’evasione.
È quest’ultima la partita più difficile perché il governo deve trovare un miliardo e mezzo da tasse che incidono sostanzialmente sui consumi. Padoan ha escluso aumenti dell’Iva e tagli delle detrazioni fiscali (si potrà agire solo su alcuni crediti d’imposta), ma l’elenco delle imposte indirette è ampio e comprende anche bolli, tasse ipotecarie e catastali. Nella lista ci sarebbero anche i giochi ma ieri il sottosegretario all’Economia Pierpaolo Baretta ha escluso un ritocco delle imposte su lotto e similari.
L’altra grossa partita, esplicitamente citata dalla lettera a Bruxelles è quella delle accise: qui si va dalla benzina, al gas, agli oli minerali, alle bevande alcoliche, alla birra. In questo caso l’ipotesi più probabile che sarà attivata la clausola di salvaguardia che era stata scongiurata con la legge di Bilancio 2017: l’aumento delle accise evitato allora e che potrebbe scattare è già cifrato in 220 milioni.
Dalle stesse parti c’è l’aumento delle sigarette, già oggetto di proiezioni nelle agenzie del governo: l’ipotesi, per ricavare 100 milioni, è quella di un aumento della sigarette di fascia bassa (intorno ai 4-5 euro) con un ritocco di 10 centesimi a pacchetto.
Più semplice l’estensione di due strumenti di contrasto all’evasione dell’Iva. Il primo è il reverse charge, prevede che l’Iva venga versata da chi compra e non da chi vende con l’obiettivo di evitare le forniture in nero e la conseguente evasione. Il meccanismo adottato dal 2015, già funziona nel campo dell’edilizia e dell’elettronica, ora lo si vorrebbe estendere ad altri settori come la grande distribuzione: dovrà esserci l’ok di Bruxelles che già bocciò una nostra richiesta (il gettito su base annua era previsto in un miliardo). Oggi le possibilità sono migliorante perché è in discussione una direttiva che apre la porta su base europea all’inversione dell’onere fiscale. Stesso meccanismo per lo split payment, lo Stato trattiene l’Iva dei propri fornitori tagliando ogni problema alla radice: funziona per le pubbliche amministrazioni dal marzo del 2015 e potrebbe essere esteso a tutte le società pubbliche.
Repubblica – 5 febbraio 2017