Funziona così, dopo le 14 di giovedì, di ogni giovedì, scatta il liberi tutti in Parlamento. Non è quindi una sorpresa se giovedì scorso la legge delega di riordino della Protezione civile, questione cruciale dopo le tragedie del sisma, sia rimasta al palo perché al Senato mancava il numero legale, cioè il numero indispensabile di senatori per votare.
Un concorso di colpe, che va dall’abitudine del trolley e della settimana corta, alla rivincita dei verdiniani («Il nostro gruppo è determinante»), all’incertezza politica. «Navighiamo a vista ». Ammettono deputati e senatori del Pd. Il partito di maggioranza è in fibrillazione tra l’accelerazione per andare alle urne a giugno e i frenatori pro governo Gentiloni. Morale della favola: l’incertezza genera paralisi.
Dopo la figuraccia del flop del numero legale di giovedì scorso – in cui ciliegina sulla torta è stata l’aula deserta con soli 13 senatori ad ascoltare il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan – è arrivato ieri ai senatori dem un sms dal gruppo: allarme rosso, obbligatoria la presenza da martedì (quando si ricomincia il lavoro parlamentare) «senza eccezione alcuna, anche governo, annullate tutte le missioni e i congedi». Nell’aula di Palazzo Madama ci sono Protezione civile e poi decreto banche e il Milleproroghe nella prossima settimana, che devono completare il passaggio nelle commissioni. E quella Affari costituzionali è da quasi due mesi senza presidente, condizione non ideale per affrontare i provvedimenti più delicati. Un esempio. La legge sullo ius soli, la cittadinanza ai figli di immigrati, è sempre più lontana, nonostante sia attesa da 15 anni e nel 2015 abbia avuto l’ok della Camera. Bloccata la legge sull’omofobia; cantiere mai ultimato per la legge sul doppio cognome per i figli. Ma è sul pacchetto “processo penale” che la strada si fa stretta e scivolosa per una maggioranza divisa. Al palo la legge sulla povertà.
E passiamo alla Camera. Qui la prova regina è rappresentata dalla legge elettorale. Se non si sblocca la trattativa, il rischio è di tenere in ostaggio l’intero calendario dei provvedimenti. Ma, assicura il deputato dem Emanuele Fiano, giovedì si incardinano le varie proposte in commissione per andare in aula il 27 o poco dopo. Montecitorio deve accelerare sui decreti, a partire da quello sul Mezzogiorno. Deve affrontare subito la Responsabilità professionale dei medici, in ballo da tre legislature. Non può più fare melina sul testamento biologico, slittato ancora di qualche settimana ma formalmente il 20 febbraio in aula. Nell’incertezza, alcuni punti fermi. Della legge sulla cannabis non se ne farà più nulla. Gli stessi dem hanno chiesto che la proposta sia derubricata solo all’uso terapeutico. «Comunque, se si evitano le urne anticipate, si riesce a portare a casa riforme», sostiene Pino Pisicchio (Gruppo Misto).
Repubblica – 4 febbraio 2017