Lo studio della Regione sulle condizioni di salute delle donne in gravidanza e dei neonati nei 31 Comuni contaminati da Pfas tra le province di Vicenza, Padova e Verona, relativo al periodo 2003/2015 e nei giorni scorsi depositato in Procura a Vicenza dal M5S «presenta dati del tutto inutilizzabili a causa di numerose carenze metodologiche, perciò qualsiasi conclusione tratta dai contenuti di tale documento non è ragionevolmente sostenibile».
Lo afferma il professor Angelo Moretto, docente del Dipartimento di Scienze Biochimiche e Cliniche dell’Università di Milano, al quale è stato chiesto un parere in merito dalla Miteni, l’azienda di Trissino sotto inchiesta (nove indagati) proprio per lo smaltimento di queste sostanze chimiche. «E’ solo una raccolta poco ordinata di dati, non analizzati adeguatamente e dai quali sono state tratte conclusioni arbitrarie che non trovano alcun fondamento nella letteratura scientifica — precisa il professor Moretto —. Vi si riscontrano variazioni minime, in base alle quali non si può affermare l’effetto negativo delle Pfas. Anzi, nel dossier risulta per esempio che la mortalità neonatale nell’area rossa è inferiore alla media del Veneto: 1,9 per mille, e non per cento come erroneamente riportato, contro il 2,5 per mille. E allora dovremmo dedurre che le Pfas siano un fattore protettivo?».
Altri esempi citati dall’esperto consultato dalla Miteni: nella zona «rossa» (contaminata) le anomalie congenite alla nascita (2,9%) sono inferiori alla media regionale (3%) e della zona bianca in particolare (3,2%); le malformazioni/anomalie alla nascita nell’area rossa hanno un’incidenza del 30,5 per mille, inferiore al 32,3 per mille della media veneta e al 33,7 per mille della zona bianca; i difetti agli arti sono il 6,5 per mille nella zona rossa rispetto all’8.1 per mille della media regionale e all’8.6 per mille della zona bianca; i difetti delle vie urinarie sono il 2,4 per mille nella zona rossa rispetto al 3,9 per mille della media del Veneto e al 4,3 per mille della zona bianca; le anomalie del sistema nervoso sono il 5,1 per mille nella zona rossa rispetto al 3,6 per mille della media del Veneto. «Sono comunque variazioni minime — conclude il professor Moretto — non statisticamente significative. Rientrano nella normale variabilità dei dati di popolazione. Trarre conclusioni affrettate e non giustificate crea ansia e indebite preoccupazioni nella popolazione interessata».
Fatto sta che all’inchiesta giudiziaria la Regione intende affiancarne una propria. Ieri la maggioranza ha deciso l’istituzione di una Commissione d’inchiesta «chiamata a far chiarezza sul grave caso delle acque inquinate da sostanze perfluoroalchiliche (PFAS)». «Avrà tutti i poteri necessari per andare a fondo a un grave problema di inquinamento che ha messo in allarme interi territori — dice Massimiliano Barison, capogruppo di Fi e componente della prima commissione, che deciso in tal senso —. Condizione fondamentale è che alla commissione aderiscano tutti i gruppi consiliari». «Io sono disponibile ad essere ascoltato per primo», annuncia Gianpaolo Bottacin, assessore all’Ambiente.
Il Corriere del Veneto – 2 febbraio 2017