Pfas, estendere il maxi-screening, le analisi del sangue su decine di migliaia di persone iniziate lunedì, anche ai bambini e in generale agli under-14, oltre che alla fascia degli ultra-sessantacinquenni. È l’appello di Vincenzo Cordiano, presidente provinciale dell’associazione medici per l’ambiente Isde: «Non si capisce perché queste due categorie di popolazione siano escluse, sarebbe molto importante che la Regione le monitorasse: sono le più a rischio» dichiara. Per Cordiano, l’estensione è urgente «tanto più dopo la relazione della sanità regionale di ottobre sul registro nascite, che evidenzia malformazioni e danni nelle donne in gravidanza dell’area contaminata».
Il «Piano di sorveglianza sulla popolazione esposta a Pfas» è iniziato lunedì: a Lonigo, in locali predisposti ad hoc, è partito lo screening sulla popolazione finalizzato a costruire un «database» approfondito sull’effetto dei composti perfluoroalchilici nelle persone. Ai pazienti convocati, tutti su base volontaria, vengono fatti esami del sangue ma anche somministrato un questionario. La previsione è che il monitoraggio, programmato su base biennale, coinvolga 30mila residenti del Vicentino, seimila del Padovano e circa 48mila del Veronese: sono i residenti dei 21 Comuni della «zona rossa», quella più interessata dal problema Pfas nelle falde, suddivisi fra le Usl dell’Ovest Vicentino, Vicenza, Verona, Legnago ed Este.
«Ben venga l’indagine, noi medici dell’Isde l’avevamo chiesta da tanto e tutto sommato mi sembra una cosa ben fatta – osserva Cordiano – purtroppo però le fasce di età più a rischio sono proprio quelle escluse». Per il medico, «se non vengono monitorati, non sappiamo cosa può aver fatto loro l’esposizione agli Pfas: il colesterolo e altre patologie collegate si manifestano nelle persone più adulte, mentre è proprio un rilievo della sanità regionale dello scorso ottobre che evidenzia malformazioni sui neonati». Lo specialista teme poi che l’analisi proceda troppo lentamente, «se nel Vicentino l’analisi deve coinvolgere 30mila persone, ci vorranno almeno tre anni. A meno che non si investa ulteriormente in personale e strutture».
Ieri in tema Pfas (su cui sta indagando anche la procura) è intervenuto il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, rassicurando sugli 80 milioni di euro di investimento governativo per far fronte all’emergenza, ma anche ribadendo la validità dei limiti di legge fissati per la presenza in falda: «Sono compatibili con la salute dei cittadini italiani». A dare sostegno al ministro, in merito alle risorse, è il deputato del Pd Federico Ginato, «ora la Regione non può permettere di farsi trovare impreparata – avverte il deputato – concordi con i gestori del servizio idrico le misure strategiche per dare risposte efficaci». Circa i limiti degli Pfas nelle acque, invece, interviene in senso nettamente contrario Cordiano. «Rimango di stucco a sentire queste dichiarazioni dal ministro – osserva il presidente di Isde Vicenza, fra i primi a parlare di Pfas in provincia già anni fa – i limiti che in Italia sono di 500 nanogrammi per litro, in acqua, negli Usa sono pari a livello federale a 70 nanogrammi su litro. Una soglia addirittura ridotta a 20 nanogrammi litro in stati come il New Jersey. Forse Galletti considera gli italiani più resistenti? Penso poi che il ministro verrà smentito – conclude Cordiano – perché so che entro giugno è in programma una revisione al ribasso dei limiti di Pfas nelle acque sia da parte dell’Oms, organizzazione mondiale della sanità, che dall’autorità europea per la sicurezza alimentare, l’Efsa di Parma».
Andrea Alba – Il Corriere del Veneto – 1 febbraio 2017