Assenteismo tra i dipendenti pubblici: il governo ci riprova. Dopo il decreto contro i “furbetti del cartellino”, di fatto demolito dalla sentenza di incostituzionalità pronunciata dalla Consulta, l’esecutivo sta preparando l’attuazione dell’ultimo capitolo della riforma Madia, il nuovo Testo unico del Pubblico impiego. Che dovrebbe contenere, tra le altre cose, anche una stretta sulle malattie a cavallo del weekend e i casi di assenteismo di massa. Accompagnata da una sperimentazione per ridurre le assenze in alcune amministrazioni scelte, inserendolo tra gli obiettivi dei dirigenti.
Un tema delicato, dove la lotta all’abuso dei certificati va bilanciato con il sacrosanto diritto alla malattia. Secondo la Ragioneria generale dello Stato i giorni di assenza dei dipendenti pubblici sono in diminuzione: nel 2015 sono stati 30 milioni e 24mila, contro gli oltre 32 milioni dell’anno precedente, con una media per persona scesa da 9,8 a 9,2 giorni. Resta il fatto che oltre il 27% delle malattie iniziano di lunedì, come certifica l’Inps, e che il tasso di assenze nel pubblico è da sempre superiore a quello del privato. Con casi eclatanti di assenteismo mirato, come quello dei 767 vigili del Comune di Roma che la notte di Capodanno del 2015 marcarono visita.
La prima leva su cui punta il governo per arginare il fenomeno è nero su bianco nel testo della delega: riorganizzare le visite fiscali. La competenza, oggi in capo alle Asl, verrà girata all’Inps, che già si occupa di quelle per il settore privato. Un modo per risparmiare, fino a 60 milioni l’anno nelle stime del governo, ma anche per rendere i controlli più efficienti visto è l’infrastruttura informatica dell’Inps a ricevere i certificati elettronici inviati dai medici. Il meccanismo però andrà oliato, assicurando all’Istituto di previdenza le risorse necessarie per gestire la montagna di nuove pratiche e pagare i dottori necessari. Anche perché le fasce di reperibilità all’interno delle quali la visita fiscale può arrivare al dipendente pubblico sono quasi doppie rispetto al privato: dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 18.
Il governo però potrebbe non fermarsi qui, inserendo nel Testo unico le premesse per ulteriori interventi in materia. L’intesa-quadro sul rinnovo dei contratti pubblici firmata con i sindacati a fine novembre gli offre una sponda, perché impegna le parti a migliorare «l’efficienza della prestazione lavorativa» e «contrastare fenomeni anomali di assenteismo». Un’ipotesi è di introdurre nella parte del Testo unico relativa ai dirigenti pubblici dei principi di valutazione per obiettivi quantificabili. Che potrebbero poi comprendere anche la riduzione delle assenze, verso livelli più vicini a quelli del settore privato. Una “responsabilizzazione” dei dirigenti che il ministero della Pubblica amministrazione sarebbe pronto a sperimentare in quattro, cinque enti scelti. L’idea è fissare delle percentuali di assenze che i dirigenti sarebbero vincolati a raggiungere attraverso premi e controlli sui lavoratori, e su cui sarebbero a loro volta valutati.
Il primo passo però resta il decreto sul Testo unico e il tempo a disposizione non è molto: il limite per l’esercizio della delega è a fine febbraio. E per non essere viziata dal difetto di incostituzionalità rilevato dalla Consulta nell’impianto della riforma Madia la norma deve prima passare da un’intesa con le Regioni.
Repubblica – 29 gennaio 2017