Dario Dongo. Il decreto sull’origine del latte nei prodotti lattiero-caseari è stato finalmente pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, il 19 gennaio 2017. Le industrie nazionali devono affrettarsi ad aggiornare le etichette e smaltire quelle non conformi, se pure ancora in attesa di chiarimenti e con incerte prospettive sul futuro del provvedimento.
Il decreto interministeriale 9.12.16 recante “Indicazione dell’origine in etichetta della materia prima per il latte e i prodotti lattieri caseari, in attuazione del regolamento (UE) n. 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori” entrerà in vigore nei 90 giorni dalla sua pubblicazione in Gazzetta e vi rimarrà “in via sperimentale fino al 31 marzo 2019”. (1)
Le nuove regole si applicano ai soli alimenti pre-imballati realizzati in Italia e destinati alla mercato interno, con l’esclusione dei latticini e altri prodotti DOP, IGP, STG e prodotti biologici. Più precisamente le categorie interessate sono:
– latte (vaccino, bufalino, ovo-caprino, d’asina “e di altra origine animale”, fresco e a lunga conservazione)
– formaggi, latticini e cagliate
– creme di latte (concentrate e non, con o senza aggiunta di zucchero e/o edulcoranti)
– latticello, latte e crema coagulata, kefir e altri tipi di latte e creme fermentate o acidificate, sia concentrate che addizionate di zucchero o edulcoranti aromatizzate o con l’aggiunta di frutta o cacao
– siero di latte, anche concentrato o addizionato di zucchero o altri edulcoranti
– prodotti costituiti di componenti naturali del latte, anche addizionati di zucchero o altri edulcoranti, non nominati né compresi altrove
– burro e altre materie grasse provenienti dal latte; creme lattiere spalmabili
L’origine va indicata in etichetta citando sia il Paese di mungitura, sia quello di “condizionamento” (per il latte UHT) o di trasformazione (per gli altri prodotti). In alternativa, è possibile indicare soltanto “origine del latte”, quando entrambe le predette fasi siano localizzate in un unico territorio nazionale. Al ricorrere dei casi si potrà altresì riportare “miscela di latte di Paesi UE/non UE” o “latte condizionato o trasformato in Paesi UE/non UE”.
I prodotti “portati a stagionatura, immessi sul mercato o etichettati” prima del 19 aprile 2017 dovranno venire commercializzati entro i 180 giorni successivi, altrimenti ri-etichettati con aggiunta delle notizie sull’origine. Le etichette non conformi dovrebbero venire sanzionate – già a partire da fine aprile, in caso di prodotti freschi (o comunque, non soggetti al periodo transitorio anzidetto) – ai sensi della legge 3.2.11 n. 4, articolo 4, comma 10. (2) I dubbi interpretativi sono parecchi, a partire dal campo di applicazione che non vale a chiarire la qualifica di vari prodotti borderline, tra le migliaia di referenze disponibili sul mercato. Le fasi di lavorazione sono talora articolate in vari processi e territori, e non è del tutto scontato attribuire la “trasformazione” all’uno piuttosto che all’altro.
Sono perciò attese le Linee guida che il Ministero per lo Sviluppo Economico si è guardato bene dal rendere note per tempo sul sito internet, ai fini della consultazione pubblica che è ormai in uso anche nei più piccoli Stati europei. All’incertezza si aggiunge poi il rischio che il governo debba fare dietrofront, attribuendo questa volta la colpa alle norme internazionali di libero scambio. Proprio oggi infatti le delegazioni USA e Canada avanzeranno i loro dubbi sulla legittimità dei decreti italiani (su origine latte e grano) e francesi (su latte e carni), rispetto al Trattato WTO.
Note
(1) Il governo italiano ha scelto la strada dell’efficacia transitoria del provvedimento per limitare i rischi di sua contestazione in fase di vaglio preliminare da parte della Commissione europea, nda
(2) L’applicabilità del citato regime sanzionatorio è tuttavia fortemente dubitata, per le ragioni esposte in nota all’articolo.
Il Fatto alimentare – 26 gennaio 2017