La manovra bis, o aggiustamento, si farà. Nonostante il “morbillo” evocato dal presidente del Consiglio domenica sera a “Che tempo che fa” pare che il governo sia ormai deciso ad accogliere le richieste della coppia di Commissari Ue Moscovici-Dombrovskis e non è escluso che si agirà anche sulle entrate. Il premier si è limitato a riconoscere che «qualche aggiustamento si farà ».
Il via libera politico, ora quasi ufficiale, si respirava – nonostante qualche ritrosia – fin dall’indomani del 17 gennaio quando è stata recapitata in Via Venti Settembre la lettera di Bruxelles. Nessun braccio di ferro dunque in linea con la discontinuità segnata, almeno nei rapporti con l’Europa, rispetto alle cannonate nel settembre scorso di Renzi a Bratislava.
Stavolta la trattativa è molto più soft: poco sull’entità della manovra che non potrà allontanarsi molto dai 3,4 miliardi richiesti, qualcosa di più sui tempi che potrebbero dilatarsi fino ad un unico provvedimento a marzo prima del Def previsto per il 10 aprile.
Tecnici dunque al lavoro. Sui tagli ma anche – questa la novità dell’ultima ora – sulle entrate. Del resto la situazione non è semplice e il governo ha margini di azione piuttosto limitati nel mettere in atto la correzione dei conti: in primo luogo, come accennato, non soffocare la crescita; secondariamente non dare l’impressione di smontare la legge di Stabilità appena varata; terzo punto, fare misure strutturali e credibili a Bruxelles che non si accontenterebbe di una tantum o maquillage.
Messi da parte gli atteggiamenti muscolari, il ministro dell’Economia Padoan non può che tentare una sorta di difesa d’ufficio del nostro debito impantanato nella scarsa crescita del Pil e vittima della congiuntura internazionale: questo il tono della nota dei giorni scorsi e della lettera in partenza per Bruxelles a ridosso del 1° febbraio.
Invece per i 3,4 miliardi la partita sulla quale si conta di più è naturalmente quella di nuovi tagli ai ministeri e di un rilancio della spending review. L’intervento non sarà sufficiente quindi la tentazione di spostare in avanti qualche provvedimento della legge di Bilancio resta: soprattutto dopo le rinnovate critiche del presidente dell’Inps Tito Boeri alla quattordicesima per i pensionati (vale 800 milioni ed è prevista per luglio) giudicata sostanzialmente iniqua perché svincolata dal reddito Isee. Si ipotizza da più parti una scansione mensile e una rimodulazione magari per fasce di reddito.
Anche il sensibile dossier-tasse sembra entrare in punta di piedi nella manovra-bis. Il ritorno della Tasi-Imu sulla prima casa è escluso. L’aumento dell’Iva, nonostante la deflazione, peserebbe su quel briciolo di consumi in ripresa. Ci sarebbero anche i 3 miliardi dello sconto Ires dal 27,5 al 24 per cento, innervati fin dalla legge di Stabilità per il 2016 ed operativi da quest’anno, che potrebbero essere sospesi tenendo conto che le imprese possono contare sui superammortamenti.
Repubblica – 24 gennaio 2017