È in arrivo il paladar all’italiana. Lo home restaurant, come viene chiamato oggi (ma i primi a essere conosciuti si trovano a L’Avana), è l’oggetto di un disegno di legge che è stato approvato ieri all’Aula della Camera e passa ora al Senato.
Il Ddl AC-3258 (testo unificato), licenziato dalla commissione Attività produttive dopo un iter piuttosto breve, regola l’attività di ristorazione privata, svolta cioè nelle abitazioni utilizzate dagli stessi “ristoratori”. Cardine della norma è l’uso obbligatorio di piattaforme digitali, attraverso le quali devono passare le prenotazioni dei clienti e i loro pagamenti. Non sarà, cioè, possibile telefonare direttamente o pagare in contanti.
Questa disposizione, peraltro, è criticata da Giambattista Scivoletto, amministratore del sito www.bed-and-breakfast.it e fondatore di HomeRestaurant.com: «Senza considerare la barriera che questi obblighi pongono fra l’attività di Hr e tutte quelle persone che non hanno un altissimo grado di alfabetizzazione digitale. Tale obbligo da solo, secondo un nostro sondaggio effettuato sul gruppo composto da aspiranti home restaurant, impedirà l’85% delle probabili aperture». Soddisfatto, invece, Marcello Fiore, Dg degli esercenti Fipe: «Siamo ampiamente favorevoli all’impegno da parte delle istituzioni a far rispettare le norme a garanzia della salute pubblica, dei diritti dei lavoratori e della trasparenza, mettendo fine, inoltre, ad un’evasione fiscale e contributiva pressoché totale». Nella norma sono anche previsti due limiti forti: non più di 500 coperti all’anno per un massimo di proventi pari a 5mila euro annui. Negativo il giudizio di Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confedilizia: «Nel testo si leggono esclusivamente limitazioni, divieti, vincoli, restrizioni rispetto a un modo con il quale alcuni italiani tentano di darsi da fare per migliorare la propria condizione, nello stesso tempo contribuendo a muovere un’economia asfittica come la nostra».
Le case-ristorante dovranno possedere l’agibilità e le caratteristiche igieniche previste per le abitazioni. Non si può ospitare un home restaurant e un B&B o una casa vacanze (affitti sotto i 30 giorni) nella stessa abitazione. Gli stessi problemi di compatibilità con i regolamenti condominiali si ripeteranno quindi con questa nuova tipologia di attività.
Il gestore dovrà preoccuparsi che gli «utenti operatori cuochi» siano assicurati per la copertura dei rischi derivanti dall’attività di home restaurant, e che lo sia l’unità abitativa per la Rc verso terzi. Gli «operatori cuochi» dovranno anche possedere i requisiti di onorabilità di cui all’articolo 71 del Dlgs 59/2010 (assenza di condanne penali per vari tipi di reati). Ieri, in Aula, sono stati votati emendamenti che hanno reso più semplice l’avvio dell’attività: «Nel testo originario – spiega il relatore del provvedimento Angelo Senaldi(Pd) – si richiedeva la Scia ma ieri è stato votata la modifica che consente una semplice comunicazione al Comune, senza iscrizioni al Rec. Le norme attuative verranno fatte dallo Sviluppo economico, entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge». Un altro emendamento ha stabilito che un Dm della Salute dovrà determinare le “buone pratiche” di lavorazione e di igiene nonché le misure dirette al contrasto dell’alcolismo.
Nel testo della legge è anche prevista una norma chiarificatrice sull’attività se è rivolta al pubblico o comunque svolta da familiari o amici: «In questo caso – spiega Senaldi – la legge non si applica». Nel concreto, quindi, il passa parola nel quartiere e la table d’hôte per conoscenti, anche se svolta abitualmente e a pagamento, non è soggetta a particolari permessi: in questa fattispecie, dice Senaldi «Ci si limiterà a pagare le tasse sui proventi come “redditi diversi”».
Saverio Fossati – Il Sole 24 Ore – 18 gennaio 2017