Tra i presidenti di regione l’esperienza premia. In vetta al Governance Poll 2016 si incontrano infatti due habituè delle prime posizioni, entrambi al secondo mandato. Luca Zaia taglia il traguardo per primo, spinto in alto da un rotondo 60% di cittadini veneti che si sentirebbero disposti a riconfermarlo alla guida della Regione se si votasse oggi; tre punti percentuali dietro, in seconda posizione, si piazza invece il toscano Enrico Rossi, grazie a un 57% di elettori che esprimono un gradimento nei suoi confronti.
Se la coppia di testa non presenta novità di rilievo, perché Rossi e Zaia battagliano da anni ai primi posti del Governance Poll con risultati alterni che a volte vedono prevalere il leghista e altre l’esponente del Pd, dietro le notizie sono parecchie. Una positiva riguarda il presidente della Lombardia Roberto Maroni, che con il 54% di consensi arriva al terzo posto e soprattutto migliora parecchio sia i numeri raccolti alle urne (+11,2%) sia i precedenti risultati nel Governance Poll. Quella più preccupante interessa invece il presidente della Sicilia Rosario Crocetta, che entra nell’anno elettorale accompagnato solo dal 28% di corregionali che si dicono pronti a confermarlo. Governance Poll ed elezioni, lo ribadiamo ogni volta, parlano due lingue in parte diverse, perché il monitoraggio di Ipr marketing tasta in assoluto il gradimento dei politici locali agli occhi dei cittadini mentre le elezioni mettono in gara diverse proposte: un numero di questo tipo, che segna il livello di gradimento più basso mai misurato dalla rilevazione annuale di Ipr Marketing su sindaci e presidenti, non rappresenta però il viatico migliore per tentare la riconferma.
Ma la distanza di 32 punti che separa Venezia da Palermo è solo l’aspetto più plateale di un’Italia divisa in due anche nell’approccio alla politica locale, un aspetto che balza agli occhi guardando la geografia del consenso regione per regione.
I cosiddetti “governatori” non sono in cima alla lista delle passioni degli italiani, e ottengono in media un tasso di gradimento del 43,3%, largamente sotto la “sufficienza” e staccato di dieci punti abbondanti dal 53,5% raccolto in media dai sindaci. Questo dato generale è però il frutto di due tendenze opposte: al Nord il consenso medio è del 48%, e segna un aumento del 4% rispetto ai voti veri raccolti dai presidenti alle urne, nel Mezzogiorno invece i «sì» si fermano al 39,5%, e segnalano una contrazione del 6,2% rispetto ai risultati elettorali. Le eccezioni non mancano, soprattutto in negativo come mostrano i dati più che opachi che accompagnano la presidente del Friuli Venezia Giulia Deborah Serracchiani (33% di consensi) o il suo collega ligure Giovanni Toti (37%), ma non riescono a “inquinare” una tendenza che rimane cristallina. A Sud solo il calabrese Mario Oliverio, al sesto posto con il 51% di apprezzamento, e il lucano Marcello Pittella, settimo con il 50%, si staccano dalla media territoriale.
Sia l’apprezzamento generale tutto sommato scarso per i presidenti di Regione sia la divisione netta fra Nord e Sud possono essere spiegati con il lungo e confuso cantiere del nostro federalismo, che ha prodotto più conflitti che chiarezza di compiti e responsabilità e ha finito per moltiplicare i costi di quest’altra eterna incompiuta italiana.
Gonfiare i bilanci nelle uscite sanitarie, protagoniste indiscusse dei conti regionali, e nelle entrate tributarie non è certo il modo migliore per coltivare l’apprezzamento dei cittadini, soprattutto perché l’altalena infinita fra slanci federalisti e riflussi centralisti per tamponare la crisi di finanza pubblica ha confuso le responsabilità alimentando il continuo rimpallo di colpe fra centro e periferia. Anche in questo contesto caotico, però, la qualità media percepita delle diverse amministrazioni continua ad avere un peso, e a determinare gli atteggiamenti dei cittadini nei confronti dei politici locali.
Da questo punto di vista, è interessante notare che le tre posizioni di fondo sono occupate dalle Regioni a Statuto speciale (Trentino Alto Adige e Valle d’Aosta non rientrano nel Governance Poll perché lì non c’è l’elezione diretta del presidente). La situazione friulana ha dinamiche diverse rispetto a Sicilia e Sardegna, sia nei meccanismi di finanziamento sia nelle cause dello scarso consenso, per cui non è il caso di avventurarsi in parallelismi azzardati. Una morale però si può trarre, e indica che la maggiore disponibilità di risorse non produce in automatico consensi più ampi. Soprattutto quando, come in Sicilia e Sardegna, i mezzi dell’autonomia speciale non riescono nemmeno a scalfire una crisi economica e occupazionale che sembra senza vie d’uscita.
Gianni Trovati IL Sole 24 Ore – 16 gennaio 2017