«Tra un po’ ci diranno che anche l’acqua fa male. Non c’è dubbio che qui in montagna respiriamo un’aria migliore di quella che c’è in città». Mauro Corona, 66 anni, scrittore, scultore e alpinista friulano che sulla natura ha impostato poetica ed esistenza, è molto perplesso per i risultati di uno studio appena pubblicato dal Cdc, Centers for Disease Control and Prevention degli Stati Uniti, l’agenzia governativa che monitora i dati epidemiologici, secondo il quale nelle zone rurali si muore più che in città.
La ricerca analizza le morti in eccesso (cioè quelle che superano i tassi di mortalità più bassi misurati nel Paese per gli under 80) sia nelle aree di campagna che in quelle urbane, con risultati sorprendenti: tra i 46 milioni di americani che vivono nelle zone non metropolitane (pari al 15% della popolazione totale) dal 1999 al 2014 si è registrata non solo una mortalità maggiore, ma anche una percentuale più alta di decessi in eccesso per le cinque le principali cause di morte, e cioè malattie cardiovascolari, tumori, insufficienza respiratoria cronica, incidenti, ictus. In particolare nel 2014 il 42,6% delle morti per malattie cardiovascolari nelle zone rurali, il 57,5% di quelle per incidenti e il 54,3% di quelle per insufficienza respiratoria cronica (di solito bronchite cronica ed enfisema) erano evitabili, contro rispettivamente il 27,8%, il 39,2% se il 30,9% di quelle nelle zone urbane.
Un dato preoccupante, che però non scoraggia chi ha scelto di vivere lontano dalle città. «Per quel che mi riguarda, qui il vantaggio è che posso seguire i miei ritmi, ma non sono confinato alla vita di campagna — dice il fotografo Oliviero Toscani, 74 anni, che ha scelto come base Casale Marittimo, sulle colline nell’entroterra pisano della Costa degli Etruschi —. Mi alzo la mattina, vado nel pollaio a bere l’uovo più caldo e poi in aeroporto per un lavoro a Parigi. Ciò che fa bene è soprattutto vivere nel posto in cui si sceglie di vivere, non dove si è obbligati. Poi dipende ovviamente dalla campagna: ce ne sono alcune che sono avvelenate dai prodotti chimici, soprattutto negli Stati Uniti». Secondo lo studio della Cdc, però, la differenza nei tassi di morti in eccesso tra aree metropolitane e campagna c’è anche all’interno degli stessi distretti sanitari. E i ricercatori puntano il dito, più che sulle caratteristiche ambientali, sulla disparità di condizioni sociali e di stile di vita della popolazione rurale rispetto a quella urbana: la prima, infatti, spesso fuma di più, soffre di più di ipertensione e obesità e si muove di meno nel tempo libero.
Il fattore scarso movimento è quello fondamentale secondo Mauro Corona: «La salute è proporzionale a quanto ci si muove — dice da Erto, mentre sta per andare a fare sci di fondo —. E non parlo dello sforzo sportivo sporadico, ma dei 40 minuti al giorno di attività regolare: noi siamo stati progettati per muoverci. Se non lo facciamo stiamo male».
Di certo a spiegare il più alto numero di morti nelle zone rurali ci sono aspetti che con gli effetti della natura e dell’aria buona sulla salute hanno poco a che fare. La disponibilità di servizi medici d’emergenza per esempio: in caso di infarto anche pochi minuti in più di ambulanza possono fare la differenza. O anche, notano i ricercatori americani rispetto ai decessi per incidenti, la tendenza più diffusa in campagna a non allacciare le cinture di sicurezza in auto.
Elena Tebano – Il Corriere della Sera – 16 gennaio 2017