Poco meno del 4,5 per cento delle donne in gravidanza residenti nei 21 Comuni del Veneto maggiormente esposti alla contaminazione da Pfas (fra i quali ci sono i veronesi Veronella, Zimella, Albaredo, Cologna, Bonavigo, Minerbe, Pressana, Roveredo, Legnago, Boschi Sant’Anna, Bevilacqua, Terrazzo ed Arcole) soffre di preeclampsia, sindrome nota anche come gestosi, e più del 5,30 per cento di diabete gestazionale.
Dati che sono superiori al resto del Veneto, dove il primo problema si verifica nel 3,6 per cento delle donne in attesa ed il secondo in poco più del 3,10. D’altro canto in quest’area i bambini nati più piccoli di quanto dovrebbe avvenire per la loro età gestazionale, Sga, sono stati sino al 2013 il 3,6 per cento, rispetto alla media regionale del 3 per cento, mentre nel 2014 e 2015 c’è stato un significativo incremento dei bambini con bassissimo peso alla nascita, inferiore al chilogrammo. Di tratta del 5,4 per cento, a fronte del dato veneto pari al 3,1. Quanto alle anomalie congenite rilevate alla nascita od entro il primo anno di vita, sono più elevate per quanto riguarda il sistema nervoso, in questo caso si tratta del 5,1 per mille rispetto al 3,6, oltre che il sistema circolatorio ed i cromosomi.
Sono questi i dati più importanti contenuti nello «Studio sugli esiti materni e neonatali in relazione alla contaminazione da sostanze perfluoroalchiliche» realizzato dal Registro nascita ed il Coordinamento malattie rare della Regione. Un’analisi compiuta esaminando i certificati di assistenza al parto e le schede di dimissione ospedaliera relativi agli anni che vanno dal 2003 al 2015. Operazione che ha riguardato le 15.365 madri residenti nella zona più inquinata, la cosiddetta zona rossa, ma anche nelle aree vicine ed in zone campione più lontane e che non solo ha mostrato l’esistenza di problemi in quest’area, le cui cause dovranno essere valutate con analisi mirate, ma ha anche evidenziato situazioni analoghe in altri 13 comuni del Vicentino in cui la contaminazione è stata riscontrata in forma meno massiccia.
«Questo studio, che è contenuto in una relazione che è stata tenuta chiusa in un cassetto dalla Regione, fa emergere quanto noi stiamo denunciando dal 2013», hanno affermato ieri in una conferenza stampa i consiglieri regionali Cinque stelle Jacopo Berti e Manuel Brusco. «Stanno mettendo a rischio la salute di 350mila cittadini veneti ed alle interrogazioni rispondono minimizzando», hanno aggiunto. Prima di chiedere le dimissioni degli assessori alla Salute e all’Ambiente, Luca Coletto e Gianpaolo Bottacin, «in quanto si sono macchiati di colpevole inerzia nell’assolvimento dei propri doveri istituzionali». «Ogni giorno che passa senza provvedimenti è mortale per la salute dei cittadini», hanno rimarcato.
Alle accuse simili mosse da due parlamentari Pd, Diego Zardini e Filippo Crimì, ieri ha d’altro canto risposto proprio l’assessore Coletto. «Si tratta di accuse tanto gravi quanto campate in aria», ha affermato, «visto che insinuare che la Regione e il sistema sanitario abbiano omesso di fare qualcosa di fronte all’ emergenza Pfas è un insulto, una pesante operazione di disinformazione». «Anche la possibilità di alterazioni metaboliche», aggiunge, «è stata pubblicamente prospettata fin dal primo incontro con la stampa organizzato il 20 aprile 2016. Abbiamo fatto mettere immediatamente in sicurezza gli acquedotti e avviato una continua collaborazione con l’Istituto superiore di Sanità, grazie alla quale sono attivi gli screening sulla popolazione interessata e sugli alimenti. I costi di tutte queste azioni, che potrebbero superare i 100 milioni l’anno, sono tutti a carico della Regione, visto che Roma ha stanziato solo soldi per la bonifica ambientale».
Luca Fiorin – L’Arena – 15 gennaio 2017