La molla che ha fatto scattare i controlli nei ristoranti cinesi di Padova e provincia – su ordine del sostituto procuratore Benedetto Roberti – è stato quel (pare) succulento pranzetto chiesto da un cinese per i suoi amici all’interno di un ristorante di Padova, in piena China Ingross. Il 28 novembre sulla tavola imbandita che ospitava una compagnia di asiatici, i camerieri avevano portato un piatto che non si vede spesso: zampe di orso. Una curiosità, pare una leccornia per i gusti della Cina, che aveva attirato anche il cuoco del ristorante. Due scatti per la stranezza delle pietanze che quella sera stava servendo, e via su Facebook.
Una leggerezza che i carabinieri del Nas hanno notato qualche tempo dopo, dando il via ad un’inchiesta che ha visto finire sotto indagine il titolare del ristorante cinese. L’accusa: violazione delle norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio oltre che per le condizioni igieniche in cui era tenuto il ristorante. In pratica per aver ucciso, cucinato e servito le zampe di un orso. Cosa che, lo dice la legge, si può fare pure in Italia, ma solo in presenza di carne importata da altri paesi – alcuni anche della Comunità Europea – e certificate da etichette che rendono tracciabile il tutto. Quelle zampe finite e divorate dalla tavolata di asiatici nel loro ristorante preferito però di tutti questi accorgimenti non ne avevano visto nemmeno l’ombra. A farle arrivare a Padova era stato un commerciante cinese di ritorno dalla Slovenia, uno dei paesi dell’Est Europa dove la caccia all’orso è permessa. Lui le aveva consegnate al titolare del locale che le aveva messe in mano al cuoco, così curioso da fotografarle e postarle sui social. Senza pensare che ogni ristorante cinese è nel mirino del Nucleo Antisofisticazione dell’Arma. Così quando i carabinieri si sono accorti dello scatto che rimbalzava su diverse bacheche, il 4 gennaio hanno bussato alle porte del ristorante.
Nel blitz è stata sentita la moglie e collaboratrice del gestore del locale, che ha ricostruito l’intera filiera fino all’amico del marito che aveva importato le zampe del plantigrado, che però non è finito sotto inchiesta. E se di orso non c’era più traccia, i militari nel sopralluogo all’interno della cucina hanno scoperto una cella frigorifera in totale disordine, dov’erano accatastate, senza una logica e senza alcuna divisione, cibarie di ogni tipo, scadute o in via di scadenza. Tutte, comunque, senza un’etichetta a raccontarne la storia. Tra questi nel fascicolo aperto dal sostituto procuratore padovano Benedetto Roberti, la bellezza di 55 chili di pesce senza alcun indice di provenienza, un chilo di cosce di rana Eurasia scadute il 2 novembre scorso, polpa di granchio da buttare il 20 maggio 2016 oltre ad «un’elevata presenza di preparati carnei e ittici congelati e pronti per essere scaldati». Mistero però da dove venissero. Per questo l’indagine – che si trasformerà in una sanzione amministrativa per il titolare del ristorante, e solo per quanto riguarda la questione legata alla pulizia e alla merce scaduta – ora si sta allargando con l’ordine fatto arrivare direttamente dalla procura di Padova al Nas di passare al setaccio tutti i ristoranti gestiti da cinesi nella città del Santo e in provincia.
L’obiettivo è scongiurare altre sorprese come quelle legate alle zampe dell’orso e, soprattutto, far sì che non vengano cucinati e serviti cibi scaduti, a volte anche da mesi. Nelle prossime settimane i Nas porteranno un resoconto finale sul tavolo del pm Roberti. Se poi dovesse essere, ecco scattare le sanzioni, le multe e anche provvedimenti più duri per i locali cinesi.
Il Corriere del Veneto – 12 gennaio 2017