«Prendete guinzaglio, cappotto e chiavi in mano in un’ora in cui di solito non uscite a passeggio. Cosa fa il vostro cane, vedendovi? Risposta: corre subito verso la porta interessato, si avvicina solo quando muovete la maniglia, non presta nessuna attenzione…». È la prima di dieci domande di un popolare «test d’intelligenza» per i cani che spopola in Rete. Uno dei tanti.
Cui seguono giochini «motivazionali» che inondano il mercato (il Trixie dog activity, la torre con cassettini e coni da riempire). Test, giochini, app. Si sono moltiplicati in questi anni gli studi sulle capacità cognitive dei cani e, come documenta il New York Times , ci sono centri letteralmente presi d’assalto. È il caso del Canine Cognition Center di Yale, nato tre anni fa, che arruola coppie (padroni e cani) per partecipare ai test ma al quale i proprietari si rivolgono soprattutto nella speranza di avere un «patentino» che certifichi le abilità cognitive del loro pet.
I test più noti restano quelli disegnati da Stanley Coren, professore di Neuropsicologia alla University of British Columbia a Vancouver per valutare la capacità del cane di risolvere problemi (problem solving). Il ricercatore, già autore di una ricerca che dimostra la capacità dei cani di riconoscere/imparare e ricordare più di duecento parole, sostiene che le loro capacità intellettive potrebbero essere paragonate a quelle di un bambino dai tre anni ai cinque anni. C’è chi si è spinto più in là, come ricorda il dog Trainer Graeme Sims, autore de I l linguaggio segreto dei cani , che riportando una classifica delle razze per intelligenza mette in cima alla graduatoria il Border Collie e il Barbone. Seguiti dai Retriever come il Golden e il Labrador e, a ruota, dal cane da Pastore tedesco. Una lista che però non tiene conto del fatto che all’interno di una razza si possono avere soggetti con capacità molto diverse.
La complessità dei meccanismi cognitivi dei cani, l’utilizzo dei sensi, il tipo di attaccamento verso l’uomo sono al centro degli studi di molti scienziati. «Perché studiare i cani è facile e interessante — spiega Emanuela Prato Previde, docente di Psicologia alla Statale di Milano e responsabile del Canis Sapiens Lab —. Non c’è un’altra specie a parte il cane che viva così in stretto contatto con noi, che apparentemente ci capisca, si adatti al nostro comportamento e sia disposta a fare un sacco di cose con noi, dalla Agility ai viaggi». Anche al laboratorio Canis Sapiens «i proprietari vengono perché sono curiosi di sapere come funziona la mente del cane e questo è molto positivo ed è il reale interesse di chi fa ricerca». Che non è dare la pagella, dire il cane è più intelligente di un altro o di un gatto. «La gente ha grosse aspettative, positive ma anche negative — continua Prato Previde —. C’è chi dice “il mio cane non passa il test, è tonto” e viene smentito, altri “il mio cane è un genio” e il cane invece non riesce nella prova». Il focalizzarsi dei padroni sull’intelligenza «può risultare negativo, come per i bambini, perché mette un’ombra nella relazione con l’animale ed è una visione distorta di quello che i ricercatori fanno».
L’invito a patiti dei test è anche a «non cadere nel tranello di scambiare l’intelligenza con l’affettività: guardare il cane, scorgere il suo sguardo languido e poi vederlo appoggiarsi a noi alla ricerca di una carezza non ha nulla a che fare con l’intelligenza — conclude Daniele Mazzini, istruttore cinofilo —. Un errore comune è anche «abbinare l’intelligenza alla docilità e all’obbedienza. Cani primitivi come l’Husky tutto hanno voglia di fare in modo emancipato meno che collaborare con l’uomo. Non per questo sono stupidi, anzi».
Paola D’Amico – Corriere della Sera – 9 gennaio 2017